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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

La dialettica politica (anche a Chieti) si è spostata sui social con toni da tifoseria, ma non è sempre un bene

Il rischio è di non arrivare a una certa fascia di cittadini-elettori (soprattutto i più giovani) che non usa certi canali e di aggirare la mediazione della stampa che fa domande, offre chiavi di lettura, solleva dubbi, ricorda le promesse elettorali

Che i social siano diventati un prolungamento del reale con tutte le derivazioni - e a volte distorsioni - del caso è ormai chiaro da tempo. Ma che arrivino addirittura a sostituire la normale dialettica politica è fenomeno più recente su cui interrogarsi soprattutto in una realtà piccola come Chieti.

Complice la pandemia, Facebook, Instagram, Tik Tok e derivati hanno aperto gli spazi infiniti del virtuale a qualsiasi attività: dalla scuola alle lezioni di ballo, dalla discoteca ai concerti, arrivando addirittura alla messa e alla preghiera. Rientrata l'emergenza pandemica, però, l'uso dei social network non si è attenuato. E, anzi, a volte sembra essere diventato il canale favorito di quel sistema triangolare su cui si è sempre basata la comunicazione politica, fatto di sistema politico, media e cittadini-elettori. 

Non fanno eccezione in tal senso gli amministratori teatini, che spostano sui social il confronto politico. Il che porta a conseguenze di facile intuizione. In primis, i messaggi o le comunicazioni di servizio non arrivano a una certa fascia di destinatari che non usa i social o quel determinato canale (basti pensare ai giovanissimi: secondo l'ultimo rapporto del Pew research center citato da un articolo di Wired Italia dello scorso agosto, negli Stati Uniti solo un terzo degli adolescenti usa il social di Mark Zuckerberg, che raggiunge il 69% degli adulti). In secondo luogo, gli amministratori eletti, comunicando esclusivamente online, aggirano la mediazione della stampa che, come indica l'etimologia del termine, è "in mezzo": il giornalista spiega, offre chiavi di lettura e spunti di riflessione, fa domande, solleva dubbi, ricorda le promesse elettorali.

L'ultimo episodio in ordine di tempo è la crisi della giunta teatina, che ha scatenato sui gruppi Facebook cittadini un acceso dibattito tra amici, parenti, sostenitori degli uni o degli altri e botta e risposta da tifo calcistico. Un clima che non aiuta i meno avvezzi a certe dinamiche a comprendere i meccanismi e i possibili scenari e che, soprattutto, dimentica il vero obiettivo di un amministratore: risolvere i problemi dei cittadini e della città. Ha senso il "post compulsivo", per un genitore che non trova posto all'asilo nido per il proprio bimbo o che da tempo non può usufruire del servizio scuolabus, per un disabile costretto a fare lo slalom fra le (troppe) barriere architettoniche esistenti, per un commerciante che alza la serranda ogni mattina tra mille difficoltà, per un automobilista costretto alla gincana per aggirare l'asfalto danneggiato?

Di certo, questo non vuole essere il luogo in cui demonizzare o bandire i social network, che pure hanno reso molto più rapida la comunicazione, spesso offrono spunti interessanti per raccontare la realtà cittadina, si rivelano canali fondamentali a mettere in contatto persone con le stesse necessità. 

Come nella vita fuori dal web, in medio stat virtus. Facebook e "cugini" sono ottimi strumenti per raggiungere i cittadini da chi è stato da loro demandato a rappresentarli. Ma bisogna saperli usare, senza scadere nel soliloquio o, peggio, in degenerazioni che possano determinare conseguenze irrimediabili, come la cronaca ha registrato spesso negli ultimi anni. 

Né va dimenticato che i social, strumento di vanità, possono anche agire da boomerang: è il caso di giovanissimi accusati di aver picchiato un coetaneo, riconosciuti dalle foto su Instagram, o dei "festaioli" multati per aver organizzato una festa durante la zona rossa, con tanto di foto postate online. Facebook era costato caro anche a un uomo ricercato per rapine e truffe a Chieti, riconosciuto proprio da un'immagine sul web.

Tornando alla politica, si ricorderà il post dell'ex sindaco di Francavilla al Mare Antonio Luciani, che nel 2020 aveva pubblicato un commento piccato - poi cancellato - all'indirizzo dell'ex sindaco di Chieti Umberto Di Primio, dopo il caso dei vigili francavillesi multati sul Colle (definito "la collina di Francavilla" da Luciani, sulla scia della "Marina di Chieti", epiteto con cui Di Primio aveva denominato la città costiera). Tornando a Palazzo d'Achille, un commento dell'assessore Enrico Raimondi aveva scatenato le ire delle consigliere del centrodestra, che avevano lasciato l'intergruppo femminile.

E i "danni" dei social, spesso, possono essere anche involontari, come accaduto un anno fa, quando un post goliardico fece diventare virale nel giro di pochi minuti la notizia di un presunto concerto dei Depeche Mode a Chieti questa estate.

Ma che ciò che accade sul web non resti questione di byte, benché nascosti dietro una tastiera, lo dimostra quanto accaduto a Rapino - e in precedenza anche a Chieti - dove il sindaco Rocco Micucci ha denunciato alcune persone per messaggi offensivi pubblicati sul proprio profilo Facebook: parole per cui, se riconosciuti colpevoli, dovranno rispondere penalmente.

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