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Si è insediato il nuovo rettore della d'Annunzio Stuppia: "L'internazionalizzazione e gli studenti sono la cosa più importante"

Nato a Catania nel 1960, Stuppia è arrivato da neo diplomato a Chieti per studiare Medicina; in Abruzzo ha scelto di restare per specializzarsi e iniziare la professione; pochi giorni fa il passaggio di consegne col predecessore Sergio Caputi

Ha preso possesso del suo nuovo ufficio nel rettorato di via dei Vestini da soli quattro giorni, ma il neo rettore dell'università d'Annunzio Liborio Stuppia si è calato nell'incarico immediatamente dopo il passaggio di consegne dal predecessore Sergio Caputi, martedì pomeriggio. Giusto il tempo di un brindisi e poi via agli incontri e alle carte da studiare. Sono tante le riunioni da fissare e ancora di più i documenti da analizzare, ma il duro lavoro non lo spaventa. 

Da docente di Genetica medica, presidente della Scuola di Medicina e responsabile scientifico del laboratorio di Genetica molecolare, racconta di essere sempre stato abituato a immergersi nella professione almeno 10 ore al giorno, diventate incalcolabili nei mesi più duri del Covid. "Ora, però - dice - ho accettato questa nuova sfida: ammetto che l'attività di genetica mi manca, mi mancano i miei ragazzi, anche se era un lavoro più facile". 

Nato a Catania nel 1960, Stuppia è arrivato da neo diplomato a Chieti per studiare Medicina; in Abruzzo ha scelto di restare per specializzarsi e iniziare la professione. Nel 2017 si era già candidato come rettore: favoritissimo per giorni, alla fine gli elettori gli avevano preferito Sergio Caputi, che ha guidato l'ateneo fino a pochi giorni fa. Poi, quest'anno, la decisione di ricandidarsi contendendosi la guida dell'ateneo con un unico sfidante, il docente di Urbanistica Paolo Fusero. E il 28 febbraio, nelle prime elezioni online per la scelta del rettore, la vittoria al primo turno.

Qual è stata la prima cosa che ha fatto da rettore?

Martedì (6 giugno) c'è stata la cerimonia di passaggio delle consegne, ma già dal pomeriggio ho iniziato a ricevere persone che mi avevano chiesto un appuntamento ed è questa la prima attività che sto facendo. Inoltre, abbiamo cominciato a fare riunioni che hanno già portato all'unificazione dei servizi di segreteria di direttore generale e rettore: un unico gruppo di lavoro per condividere le risorse umane e lavorare al meglio. La prossima settimana ci sasranno la prima consulta dei direttori e il primo Senato Accademico. 

Negli ultimi anni gli studenti hanno lamentato poco confronto con i vertici di ateneo: ci sono iniziative in programma per cambiare questa tendenza?

Ho già proposto una data di convocazione alla Consulta degli studenti, da cui aspetto una risposta. In quell'occasione voglio analizzare con loro una serie di temi venuti fuori da un sondaggio che l'ateneo ha realizzato di recente tra gli iscritti: vorrei che analizzare quelle richieste fosse un processo comune di governance e rappresentanti. Gli studenti sono 24mila ed è chiaro che non è possibil sentirli uno per uno, ma hanno una rappresentanza elettiva: nel momento in cui governance e consulta decidono insieme i passi da fare, confido che sia poi la Consulta a trasferire le informazioni a valle e far capire ai ragazzi che le decisioni derivano da un agreement fra governance di ateneo e studenti. La Consulta mi serve a filtrare questi messaggi, per capire quali sono i reali disagi comuni. In quel sondaggio (di cui in una cartellina conserva le risposte che, dice, ha letto attentamente una per una, ndc) sono stati esposti diversi temi, vedremo in che modo possiamo rispondere. Io voglio camminare mano per mano con gli studenti, ma loro devono diventare parte attiva di condivisione di responsabilità. Potrebbero esserci anche scelte impopolari, ma utili come comunità. Vorrei però che si capisse che se l'obiettivo è migliorare l'università e scalare i ranking fissati dal ministero, ci sono dei parametri che potrebbero non corrispondere con quello che uno studente vuole. Per fare un esempio, all'università non conviene che si vada fuoricorso, perché questo fa perdere finanziamenti ministeriali, non c'è alcuna volontà di trattenere gli iscritti più a lungo del dovuto. 

Per la città di Chieti ci sono in ballo progetti importanti: la cittadella della cultura nella ex Bucciante, che coinvolge direttamente l’ateneo, e lo studentato dell’Adsu nella ex Pierantoni. Cosa può fare l’ateneo per accelerarne la realizzazione?

Ho studiato a fondo il progetto che riguarda la ex Bucciante e abbiamo buttato giù una progettualità che prevede di far sviluppare poli culturali, creare spazi museali, laboratori di teatro a Chieti alta, utilizzando il Marrucino: portare quindi corsi di formazione specifici in centro città. Abbiamo le nostre idee, ma serve la risposta della città. Se facciamo in modo che più studenti possibili vadano a Chieti, poi l’indotto non può essere generato dall’università. L’università può creare il volano, ma deve essere Chieti città che apre locali, bar, spazi per i giovani. Se si vogliono gli studenti in centro, poi si prende anche la vita serale. Il nostro investimento sulla città c'è, dalla ex Bucciante, a Palazzetto dei Veneziani, e anche la Stella Maris per il polo di Pescara: l'importante è che il territorio risponda alla presenza dell'università.

Come sarà la d'Annunzio fra sei anni e cosa lascerà al suo successore?

Non so come sarà, ma so quello che vorrei: lasciare un ateneo cresciuto a livello internazionale, questo è un tema a cui tengo davvero molto. E già la prossima settimana avremo due o tre eventi internazionali importanti. Nel primo, ci sarà il primo incontro con rettori e docenti di altre università europee perché per la prima volta siamo entrati in un network europeo che si chiama "Ingenium", che consente agli studenti di frequentare corsi di studio alternativamente in una o nell’altra università europea. La seconda importante riunione sulla progettualità europea a cui tengo molto è quella del nesso fra cultura e benessere: ci sono studi secondo cui maggiore è il livello culturale in una società, minore è il rischio di patologie croniche. Saremo capofila di una progettualità europea su questo: l'obiettivo è promuovere la cultura come strumento di prevenzione.

E una volta terminato il mandato da rettore, tornerà alla ricerca e all'insegnamento?

Ora dico di no (sorride, ndc): fra sei anni avrò maturato i requiiti per godermi la pensione e realizzare il sogno della mia vita, fare il giro dell'Italia in moto, non prima di aver gettato via la sim card come un gesto catartico. 

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