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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Detenuto sorpreso in cella con un microtelefono cellulare: gli agenti sequestrano l'apparecchio

A dare la notizia è il segretario regionale del Sappe, Ninu: "Plauso al personale di polizia penitenziaria, ma vanno adottate soluzioni drastiche"

Un telefono cellulare, perfettamente funzionante, è stato sequestrato dal personale di polizia penitenziaria nelle Sezioni detentive della casa circondariale di Chieti. A dare la notizia è Giuseppe Ninu, segretario regionale per l’Abruzzo del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe.

“Una brillante operazione della polizia penitenziaria di Chieti ha portato al rinvenimento di un microtelefono cellulare. Durante le attività di prevenzione contro l’indebita disponibilità di cellulari in carcere, come previsto dall’art.391-ter del Codice penale, è stato rinvenuto addosso ad un detenuto ristretto nella sezione comuni - riferisce - Alla base delle operazioni, c’è soprattutto tanta esperienza degli operatori che a seguito di minuziosa attività investigativa hanno sequestrato tutto il materiale. La segreteria regionale Sappe dell’Abruzzo rivolge un plauso al personale di polizia ma denuncia ancora una volta i gravissimi rinvenimenti di telefoni cellulari che avvengono ogni giorno in tutti gli istituti penitenziari della regione".

“È sempre e solo grazie all’alta professionalità dei baschi azzurri di Chieti che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna dell’istituto. Oramai anche il rinvenimento di quantitativi di telefonini, così come le aggressioni al personale, sta facendo statistica e senza un immediato intervento dell’amministrazione sarà sempre più difficile garantire la legalità e la sicurezza all’interno dei penitenziari italiani”, sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sappe.

“Vanno adottate soluzioni drastiche, come la schermatura delle sezioni detentive e degli spazi nei quali sono presenti detenuti all’uso dei telefoni cellulari e degli smartphone, nonché tutti quegli interventi che mettano in grado la polizia penitenziaria di contrastare la rapida innovazione tecnologica e la continua miniaturizzazione degli apparecchi, che risultano sempre meno rilevabili con i normali strumenti di controllo”, conclude Capece, che auspica un intervento dei vertici dell’amministrazione penitenziaria.

Nel carcere di Lanciano, nei giorni scorsi, si è scoperto che un boss calabrese, nel 2019, continuava a gestire gli affari della cosca e a partecipare ai summit grazie ai telefoni cellulari che gli venivano forniti in carcere.

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