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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

I canti del Campidanese nel nuovo saggio di Grazia Di Lisio

L'ultima fatica di Grazia Di Lisio, origini sarde e abruzzese di adozioni si chiama "Sa terra sonadora" ed è pubblicata dalla teatina Edizioni Noubs

Da mercoledì 28 settembre al 1 ottobre a Cabras, Villa S. Pietro, Oristano e Cagliari sarà presentata l’ultima fatica saggistica di Grazia Di Lisio, “Sa terra sonadora” pubblicata dalle Edizioni Noubs.

Sarda di nascita, ma da tanti anni residente in Abruzzo, scrittrice, Grazia Di Lisio, da valente etnomusicologa, ha raccolto attraverso registrazioni e recuper, canti del Campidanese, avvicinando persone anziane e invitandole al canto. È riuscita così, spesso violando la sacertà intima del pudore dei vecchi, a realizzare un’operazione di grande interesse non solo locale, ma nazionale. Ella ha rispettato fino in fondo  sa lingua campidanesa, la lingua madre, cercando di salvaguardarne le peculiarità e poi, grazie al musicista Antonio Piovano, ha proceduto alla trascrizione musicale.

La stessa Di Lisio così accenna alla sua opera: “Rispettare la lingua vuol dire rispettare la sua sonorità, la sua ricchezza semantica, evitando di far cadere nell’oblio ogni parola che trascina via, come un fiume senecano,  il sapere di un popolo, di una civiltà. 'Sa Terra sonadora' offre un excursus sulla ciclicità della vita (dai canti dei bambini, duru duru e filastrocche, ai canti di morte) messo in risalto anche da fonti iconografiche: poesia della vita, della maturità umana di chi soffre e gioisce delle piccole cose, vivendo lontano dalla civiltà progredita. I testi, scritti in lingua campidanesa e tradotti pur con grande difficoltà iniziale, costituiscono un modello originale da salvaguardare, esempio di grande identità nazionale. I sardi possiedono un patrimonio culturale antico e genuino che filtra sentimenti universali come i canti rapsodici omerici, in cui metafore ed antitesi ricorrenti esprimono sentimenti autentici (in particolare nei mutetti d’amore e in sa canzoni longa) di un popolo caparbio e orgoglioso della propria cultura”.

 

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