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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Guido Grifone, l'omaggio dell'Anpi Chieti nel ricordo di Filippo Paziente

Il presidente della sezione locale ricorda i momenti drammatici della famiglia Grifone. Guido, l'ultimo partigiano della Banda Palombaro, è morto il 2 novembre scorso. Aveva 102 anni. Un pezzo di storia che se ne va    

Umberto, Guido, Alfredo, Aldo: 4 fratelli artigiani, educati, durante il ventennio fascista, dal papà Giustino e dalla mamma Giulia Roccioletti, ad amare la libertà. Di orientamento socialista, si sono formati alla scuola di Guido Torrese e soprattutto di Romeo Migliori, con cui “si spartivano il sonno” (testimonianza di Umberto). Dopo l’8 settembre 1943 partecipano, con ufficiali del disciolto esercito,  all’organizzazione della Banda Palombaro: di notte penetrano nelle caserme e sottraggono armi, munizioni, polvere da sparo, vettovaglie; installano nella propria casa, nella zona di Fonte Grande, una radio ricetrasmittente per i collegamenti con gli alleati. 

Stanno per arrivare i tedeschi: i partigiani – circa un centinaio -  caricano sulle camionette il materiale raccolto e si spostano velocemente presso Palombaro, ove fissano la sede del campo base del quartiere generale. I fratelli  Grifone sono tra i più attivi nel compiere atti di sabotaggio e di guerriglia. Il 5 ottobre, dopo violenti scontri coi tedeschi, tornano a Chieti e si nascondono per non essere catturati: dal 10 dicembre in città gira la banda del famigerato tenente repubblichino Mario Fioresi, al servizio degli occupanti nazisti. Con la collaborazione di spie prezzolate, arresta numerosi partigiani. Guido, con Alfredo e Aldo, cade in trappola  il 26 gennaio 1944; Umberto, il 1° febbraio. Fioresi li interroga, li fa torturare con ferocia per estorcere confessioni: non parlano. Umberto è liberato il 5. Gli altri tre fratelli sono imprigionati nel carcere di San Francesco da Paola. Tentano più volte di evadere: una spia interna li tradisce. Sono processati, in un’aula del Municipio, da un tribunale di guerra. Il pomeriggio del 9 scrivono l’ultima lettera alla mamma:

“Adorata mamma nostra,
per l’ultima volta ti giungono nostre notizie: vorremmo dirti tante cose, ma purtroppo la mente non ci assiste in queste ore, sono le ultime della nostra breve vita. La nostra grande sofferenza è per te mamma, mamma cara che tanto piangerai e soffrirai per noi. Noi ti chiediamo perdono, perdonaci mamma, per tutto il dolore che hai sofferto e dovrai soffrire per noi…”

È il giorno 10. Davanti al Municipio, i genitori attendono con angoscia la sentenza: Aldo e Alfredo condannati a morte; Guido graziato, condannato a 30 anni di lavori forzati in Germania. Il giorno dopo vede partire i fratelli verso l’ignoto luogo dell’esecuzione. Ha il cuore in tumulto. È disperato. Vorrebbe subire il martirio con loro. Il 12 è trasportato nel carcere di Teramo, in attesa del trasferimento in Germania. Durante la prigionia, Umberto va a trovarlo una volta la settimana: gli porta il tabacco. gli racconta l’emozionante ritrovamento dei corpi dei fratelli, il funerale , il dolore dei genitori. Il 25 aprile del 1945 è finalmente libero e può riabbracciarli. Umberto, in un’intervista concessami prima della morte, mi disse: "La mia famiglia era distrutta, la più distrutta di Chieti. Le persiane non si aprivano più".

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Guido si è chiuso nel silenzio, tentando di rimuovere dalla memoria le tragiche esperienze vissute. Un tormento interiore durato fino alla morte. Ci ha lasciati il 2 novembre 2020, a 102 anni. Tre giorni dopo, la Sezione Anpi, esaudendo il suo desiderio, ha fatto inumare la sua salma accanto alle spoglie degli amatissimi fratelli Aldo e Alfredo, nel “Sacrario dei combattenti della Resistenza teatina”.

Filippo Paziente, presidente sezione Anpi      

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