Guerriero di Capestrano: a Villa Frigerj analisi scientifiche e congetture sulla statua simbolo dell'Abruzzo
“Ha le mutandine rosa? Bene, allora è femmina!”. A giurare sul genere femminile della famosa statua italica di VI secolo a.C. fu, nel 1984, Jacquelin Kennedy Onassis in visita lampo al Museo Archeologico Nazionale di Villa Frigery, allora [ma anche oggi] struttura museale all’avanguardia ed in predicato di ricevere una prestigiosa nomination per il Museo dell’anno. La fascinosa vedova Kennedy, ricevuta dal soprintendente dell’epoca Giovanni Scichilone, era arrivata in gran segreto a Chieti appositamente per lui, o lei, fate un po' voi: quel “Guerriero di Capestrano”, simbolo dell’Abruzzo, che tanto fa parlare ancora di sé a distanza di 88 anni dal suo rinvenimento nei pressi di un podere ascritto all’area archeologica di Aufinum.
Lo ha ricordato il professor Luigi Capasso, antropologo, paleopatologo e direttore del Museo Universitario “Gabriele D’Annunzio”, nel corso del convegno tenutosi ieri proprio a Villa Frigerj sul tema “Il Guerriero di Capestrano: tra indagini scientifiche e proposte narrative”, col patrocinio di MiC e Direzione generale dei musei. Un partenariato, sicuramente da rinnovare per altri eventi di spessore, fra la DRM [assente per una indisposizione la responsabile Federica Zalabra, a fare gli onori di casa è stata Patrizia Colarossi], l’Ateneo D’Annunzio, la sezione teatina di Italia Nostra ed il Centro di Archeometria e Microanalisi [CAAM]. “Mi è stato chiesto”, ha spiegato Capasso nel suo intervento, “di illustrare la complessità delle tematiche legate al misterioso personaggio di Capestrano partendo da dati antropologici, paleontologici ed artistici ma la mia relazione è destinata necessariamente a muoversi fra ipotesi, ovviamente suffragate da ricerche storico-documentali, che in quanto tali lasciano insoluto l’interrogativo sul chi fosse il Guerriero, per le certezze sono abituato ad esprimermi su analisi scientifiche effettuate sui profili biologici e qui avevo a disposizione una statua di pietra calcarea, di estrema importanza, ma pur sempre una statua”. E così, il professor Capasso, il cui incipit su Jacquelin Kennedy Onassis ha avvinto la folta platea della Biblioteca dedicata a Valerio Cianfarani, spazia dai “perché sì” [alla possibilità che il Guerriero sia in realtà da declinare al femminile], come con istintiva e simpatica irruenza sentenziò Jacquelin Kennedy: mancanza di evidenze genitali maschili e presenza di un decoro colorato, da alcuni interpretato come una specie di culotte che avvolge il generoso bacino, mito delle amazzoni spesso associato a mutilazione delle mammelle ritenute di intralcio alle pratiche di guerra.
Al, per alcuni versi fattuale, filone del “perché no” [dunque del genere tipicamente maschile del Guerriero]: costume militare solenne con armamento e contestuale mancanza in Italia di esempi “avanti Cristo” di sepolture femminili col corredo di armi, dimensioni della statua [altezza 240 cm senza la base e senza il cappello, apertura delle braccia stimata per somma di segmenti 246 cm], iscrizione dedicata dallo scultore, tale Aninis, al Re “Nevio Pompuledio” [secondo la traduzione di Adriano La Regina]. Tra le due opzioni, Luigi Capasso ne traccia una residuale, ma egualmente supportata da interessanti argomentazioni, dello “Eunuco Guerriero”, ruolo sociale molto diffuso nel mondo italico, gradualmente in disuso nel mondo romano, “anche se”, conclude Capasso, “il rapporto tra statura ed altezza dal suolo del pube, normalmente intorno a 2.1, è nel caso del Guerriero di Capestrano molto vicino a tale riferimento attestandosi su 2.1,3”. Come dire che il mistero continua a prevalere sulla reale identità della massima espressione della cultura funeraria ed iconoclastica del periodo italico-piceno. E questo è uno stimolo per i ricercatori ed un invito a nozze per saggisti e comunicatori. Di sicuro Michele Castagna, l’agricoltore di Capestrano autore dell’inestimabile rinvenimento durante lavori di dissodamento, non poteva immaginare che il mito del Guerriero e della sua dama [torsetto femminile emerso insieme a corredi funerari grazie alla sistematica campagna di scavo poi effettuata dall’archeologo Giuseppe Moretti], avrebbe acquistato una dimensione così universale.
Ad interessarsi della statua, oltre a Jacquelin Kennedy Onassis, furono i grandi del G8 di L’Aquila, dall’8 al 10 luglio 2009, con l’allora Presidente del Consiglio Berlusconi ad illustrare al Presidente statunitense Barack Obama tutti i segreti del Guerriero. A richiamare l’episodio è stato il geologo Silvano Agostini, per anni funzionario della Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo, nel corso del suo intervento “ARS: Arte, Archeometria e la falsa storia di un vero Guerriero”. “Dall’alto arrivò l’ordine di esporre il Guerriero al G8”, spiega Agostini, “dobbiamo ancora ringraziare Bertolaso, allora capo della Protezione Civile, per averci messo in contatto con autorità e tecnici giapponesi che inviarono in tempi strettissimi una piastra antisismica per il fissaggio in sicurezza della statua, avevamo accertato che la stessa era stata abbattuta e vilipesa verosimilmente per una questione di ‘damnatio memoriae’, c’era il fondato rischio che gli arti ed i resto del corpo, uniti da elementi in ottone, potessero irrimediabilmente risentire, a causa di una elevata rigidità strutturale, di sollecitazioni da trasporto e da eventuali movimenti sismici, dunque la sua esposizione rispose ad un grande lavoro di squadra, pensate, riuscimmo anche a concepire luci fredde per la illuminazione del reperto in sostituzione di lampade calde, all’inizio scelte dai tecnici della Presidenza del Consiglio, di sicuro effetto ma invasive per le tracce di colore che la statua aveva conservato”.
Agostini si addentra, per l’appunto, nel reticolo di accorgimenti ed indagini “non invasive” effettuate negli anni sul Guerriero di Capestrano fino ad approdare ai moderni sistemi di ricognizione microscopico-fotografici digitali “rivelatisi determinanti per misurare e contrastare il degrado delle superfici, abbiamo anche verificato che la statua era minacciata dai vapori sprigionati dalle sostanze a base di varechina usate per l’igienizzazione dei pavimenti, ponendovi ovviamente rimedio”. Ed ancora: esami dei banchi geologici, analogie con altri reperti da Atessa [Torso di Pallano] e Collelongo [“gambe”], impiego di “fluorescenza XRF” e “diffrattometria XRD” evidenzianti la componente principale delle parti pittoriche di colore rosso, ossia gli ossidi di ferro e manganese”, e tanto altro. Agostini getta così nella mischia del metodo scientifico non invasivo la vasta esperienza dell’Ente di tutela, risultanze giudicate “scientificamente valide” dal giornalista, fotografo e regista abruzzese Alessio Consorte [presente ieri a Villa Frigerj, ndc] “ma allo stato non sufficienti per convalidare l’autenticità del periodo storico di realizzazione artistica del Guerriero”. Consorte, a seguito di un reportage storico e di giornalismo d’inchiesta sui popoli Italici federati nelle guerre sociali contro Roma, produsse, a margine della storia narrante di “Decumano Maximo”, documento-film 2021, quelli che a suo giudizio sarebbero elementi decisivi, tratti dalla pubblicazione “Prolegomini e frammenti di storia di un territorio” [Fulvio Giustizia, 2005], per mettere in forse l’autenticità del Guerriero.
“Una vicenda da chiarire nell’interesse della Scienza”, dichiara Consorte, “il rinvenimento della statua nel 1934 potrebbe essere funzionale agli interessi innescati dal premio di rinvenimento, da qui una possibile spy story idonea a svelare altri retroscena”. A Villa Frigerj, però, nessuno si scompone. “Il Guerriero è autentico”, questo il rassicurante messaggio che filtra dal Museo Archeologico Nazionale. Ed inoltre, e siamo al secondo punto del teorema, “resterà a Chieti, mai pensato ad una diversa collocazione”, dicono in coro un po' tutti gli addetti ai lavori dopo alcuni rumors già tempo fa smentiti dalla stessa responsabile della Direzione Regionale dei Musei, Federica Zalabra.
Il convegno “Il Guerriero di Capestrano tra indagini scientifiche e proposte narrative” si era aperto con il saluto di Patrizia Colarossi, direttrice di Villa Frigerj, e con la relazione dell’archeologo Valentina Belfiore sul tema “Il sonno del Guerriero: tra immagine e gestualità nelle sculture arcaiche”, un interessante quanto analitico percorso cronologico di reperti iconici, fra cui la Stele a Rilievo da Monte Saraceno [area sepolcrale del Gargano, VII sec. a.C.]. Tra i previsti interventi di: Massimo Pamio, poeta e saggista, direttore del Museo della Lettera d’Amore e tra i promotori del Premio nazionale di narrativa “Io sono Il Guerriero”; Vito Bucciarelli, artista di San Vito Chietino [CH], prima dell’opera d’arte “Lo Psiconauta”; Nicola Mastronardi, scrittore e membro della ”Accademia dei Georgofili” di Firenze, relazione su “Il Guerriero Immaginato – L’assenza del mito italico”; Nicola Antonucci, saggista di Alanno [PE], presentazione del romanzo “La chiave dei tre Abruzzi”; c’è stato anche il tempo di illustrare, da parte di Francesca Falcone [Università D’Annunzio], con la regia scientifica del professor Francesco Stoppa, vulcanologo e sismologo, la “Mappatura e misurazione del rischio sismico per le collezioni museali e dell’edificio di Villa Frigerj”. Dallo studio emerge che il Museo Archeologico Nazionale non è a rischio sismico, sia per gli adeguamenti ed efficientamenti cui è stato nel tempo sottoposto, sia perché insistente su un terreno non alluvionale. Ergo: la casa del Guerriero di Capestrano è sicura!