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Sabato, 27 Aprile 2024
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Nek presenta il suo concerto a Chieti: "Ci saranno all’interno 30 anni di carriera"

Incontro ravvicinato con Filippo Neviani, in arte Nek, che a poche ore dal concerto di piazzale Marconi ci racconta la sua ripartenza dopo la pandemia

"Le sensazioni che provo nel tornare a suonare dal vivo sono meravigliose. Farò di tutto perché possa essere un concerto speciale: ci saranno all’interno 30 anni di carriera". Così Nek, al secono Filippo Neviani, si esprime in vista del concerto acustico in programma stasera, sabto 18 settembre, in piazzale Marconi a Chieti, evento clou della Notte Gialla.

Le emozioni del tour sono tante, dopo un periodo nel quale non è stato possibile fare musica dal vivo. 

"Le sensazione sono meravigliose, di grande carica e di grande entusiasmo. In primis sono molto felice perché nonostante tutto ciò che abbiamo vissuto e nonostante il brutto incidente alla mano dello scorso novembre, sto bene. Certo, sto ancora facendo esercizio per recuperare tutta la mobilità (mesi fa Nek ha avuto un brutto incidente domestico e si è tagliato una mano, ndr) e in questi live non riuscirò a suonare la chitarra, ma c’è tutto il resto: un palco, la possibilità di ricominciare a suonare e il pubblico, se pur contingentato. E questo non è assolutamente scontato.  Sento proprio di star ripartendo da dove mi ero interrotto perché già l’anno scorso avevo iniziato a preparare dei concerti acustici; ricomincio da lì... perfezionando alcuni dettagli, preparando alcune sorprese, e devo dire che il periodo di preparazione dei concerti è sempre un gran esercizio!  Farò di tutto perché possa essere un concerto speciale. Ci saranno all’interno 30 anni di carriera, qualcosa che avevamo già iniziato l’anno scorso, con i live chitarra e voce.

Con me sul palco ci sarà Max Elli alla chitarra, che io appunto non posso suonare. Però poi, a un certo punto, arriverà Bunny, il mio contrabbasso elettrico. Bunny come Bunny Brunel, il suo costruttore. Ho visto che la mano infortunata quello riesce già comunque a suonarlo, così l'ho tirato fuori dal ripostiglio, l'ho risistemato e lo userò più di quanto non abbia fatto in oltre vent'anni che ce l'ho.

Racconterò la mia storia musicale in un’ora e mezza di concerto circa. Sarà un bel viaggio che io farò fare alle persone attraverso aneddoti, storie, racconti di canzoni, il perché quella canzone è stata scritta in quel modo e non in un altro. Sarà un racconto cronologico, partirò da “Take me home, country roads” di John Denver, cioè i miei inizi con i Winchester, il duo che formai da ragazzino con Gianluca Vaccari, e arriverò a oggi, con “Un’estate normale”.

È diverso suonare in questa dimensione ridotta rispetto a un concerto “classico”?

Amo molto anche questa dimensione ridotta. È un’idea di condivisione. Affronto un viaggio insieme alla gente. E poi l’anno prossimo magari torniamo con i palchi più grossi, con i concerti classici. Ma questa modalità è molto bella, perché fa scoprire le canzoni in un certo modo, arrangiate in un modo che non avresti mai pensato potessero essere ascoltate in quel mood, con quella chitarra acustica o solo con contrabbasso elettrico e chitarra acustica che suonano all’unisono. Farò di tutto perché possa essere apprezzato dalle persone che verranno.

Noi siamo in due sul palco, c’è l’essenzialità. Ma dev’essere un’essenzialità piena e sarà compito nostro renderla tale. Sono diversi colori in un solo pezzo, anche a livello sonoro e acustico. Ecco perché è bellissimo poter riarrangiare una canzone in quest’ottica, trovarle una collocazione diversa.

Anche il mio nuovo singolo “Un’estate normale” verrà fatta chitarra e voce e penso che sia anche più bella della versione che adesso è in radio.

Cos’è un’“estate normale” per Nek?

La normalità oggi è un valore aggiunto, sono le piccole cose e il loro valore, il non dare nulla per scontato, i  modi migliori per affrontare il futuro e tutto quello che ci è successo. E si spera che tutto possa migliorare nei prossimi mesi. La mia normalità di questa estate sarà vedere la gente, dai palchi, cantare con loro, la vita in tour, con la routine dei viaggi, delle prove, degli hotel, tornare dopo un po’ di tempo a fare quello che è la mia vita. Cosa c’è di più normale di questo per me? E poi ovviamente provare a passare più tempo possibile con la mia famiglia nei ritagli di tempo.

Come è nato questo brano?

È arrivato in maniera inaspettata devo dire. Non avevamo previsto di uscire con qualcosa di nuovo questa estate, i progetti erano diversi, ma quando l’ho sentito per la prima volta ho subito capito che era il momento di uscire. “Un’estate normale” è un inno per tutti noi, ha un testo davvero universale, la gente doveva poterlo ascoltare e cantare insieme a me. Nel produrlo, insieme a Valerio Carboni, ho voluto farlo mio anche musicalmente, con un misto di suoni elettronici e di tanti strumenti suonati.

Cosa ti è mancato di più dei concerti in presenza, sia come performer che come spettatore?  

La cosa che mi è mancata di più è sicuramente l’energia delle persone. Ci siamo fatti andar bene l’idea di suonare e far passare quelle emozioni attraverso una telecamera o un telefono per farle arrivare a distanza in un momento in cui non c’erano altre possibilità ovviamente, ed era l’unico modo per restare in contatto con il nostro pubblico. Però un vero live ha bisogno non solo di un palco e di un artista ma soprattutto delle persone; io ho bisogno di sentire il mio pubblico che grida, applaude e canta insieme a me. È un’energia inspiegabile, un dare e avere continuo. Mi sento di affermare che un concerto sia fatto al 50% da me e al 50% dalle persone che vengono a vederlo. E penso che si possa dire la stessa cosa anche dal punto di vista dello spettatore, lo stare vicini, emozionarsi insieme sul partire di un certo pezzo... la musica è fatta per creare magia, ma la magia si crea quando i due mondi, sopra e sotto il palco, si incontrano.

La gente ha voglia di tornare ai live, finalmente fuori dal mondo digitale? 

Come dicevo prima bisogna tornare ai live in presenza, ne ha bisogno il settore, ne hanno bisogno gli artisti, ma ne ha soprattutto bisogno la gente, il pubblico. È imprescindibile, ha un valore grandissimo, Certo, però, non dobbiamo screditare le potenzialità del mondo digitale. Probabilmente, anche grazie a questo lungo momento di sofferenza, i professionisti di questo campo sono riusciti a trovare nuovi strumenti e nuove tecnologie da sommare ai live in presenza. Un esempio sarebbe un domani fare un concerto in Italia davanti a 12.000 persone ma contemporaneamente duettare in diretta in collegamento con un cantante ospite che è dall’altra parte del mondo, senza che ci sia latenza, quel ritardo che esiste ad oggi con le connessioni internet. Sapere che possono esserci sempre piccole evoluzioni, rivoluzioni, è una bella sensazione.

Recentemente hai attraversato sempre più spesso la televisione, con dei veri e propri ruoli da conduttore.

Sì, ormai è qualche anno. Tutto è iniziato qualche anno fa, quando sono stato coach ad “Amici”, un’esperienza che mi ha aiutato a prendere più confidenza con la televisione, ad affezionarmici di più. Di solito quando vai in tv, fai la tua canzone, dai tutto te stesso in tre minuti e poi non hai modo di fare gran che altro. Invece trovo che il mezzo televisivo sia molto interessante, a me piace intrattenere a 360°, cantando ma facendo anche altro. L’anno scorso ho condotto su Rai1 la terza puntata dei Seat Music Awards, è stata una bellissima prova e tornerò nelle stesse vesti anche nell’edizione di quest’anno, a settembre. Poi l’inverno scorso Francesca Fialdini, purtroppo bloccata a casa per il Covid, mi ha chiesto di sostituirla in studio conducendo in diretta il suo programma della domenica pomeriggio su Rai1. Che dire, tutte bellissime esperienze.

(fonte: ufficio stampa Comune di Chieti)

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