"Oggi sposo" e "Chi resiste nella palude", doppio appuntamento con il Teatro en plein air
Sabato 11 e domenica 12 settembre, doppio appuntamento con la rassegna Teatro en plein air, con la direzione artistica di Giancamillo Marrone, nel cortile del tempio Santa Maria del Tricalle, a Chieti.
L'iniziativa è nata grazie alla sinergia e collaborazione della Coop.Mirare, diretta da Zaira Fusco e Marco Passerini, che ha in gestione lo spazio culturale Tricalle Cultura e l’associazione Il Canovaccio-Piccolo Teatro dello Scalo diretto da Giancamillo Marrone.
In caso di pioggia gli spettacoli si terranno al Piccolo teatro dello Scalo, in via Pescara 205/A, ma con una capienza limitata a massimo 45 persone.
Sabato 11, l'appuntamento è alle ore 21, con lo spettacolo di e con Matteo Cirillo "Oggi sposo", per la regia di Duilio Paciello
“Oggi sposo” è un monologo brillante e ironico sull'amore perfetto che esiste solo nella sua forma imperfetta. Lo spettacolo vincitore della V edizione del Premio Traiano e del premio “Miglior attore” è un inno all'amore e un inno alla bellezza di una ragazza che non si vede, ma che ognuno di noi può immaginare, perché la bellezza è una cosa soggettiva. Tutti invece, hanno amato, amano, oppure ameranno. “Un giorno le ho detto: mi vuoi sposare? E lei mi ha detto di si”.
Questo ripete più volte il ragazzo, che attraverso situazioni tragi-comiche e a volte surreali racconta la sua storia d'amore, il suo amore per questa ragazza che l'ha lasciato, ma che lui comunque continua ad amare tutto il giorno, tutti i giorni della sua vita. Il letto matrimoniale o ra è troppo grande per lui da solo, quindi dorme su una sedia, la scomodità lo fa sentire meno solo e vive ogni giorno cercando di farsi una nuova vita, ma l'amore per lei è ancora troppo presente in lui. Un amore che fino a poco tempo prima rendeva lui e lei una persona “sola” ora, lo rende una persona “sola”.
Domenica 12, dalle ore 21, lo spettacolo di e con Francesco Lande "Chi resiste nella palude".
Come quando si è seduti di fronte al camino, silenziosi e attenti, ascoltando il narrare di un nonno con in sottofondo il crepitio del fuoco: questo è quello che si prova ascoltando il racconto di Francesco Lande. Il suo “Chi resiste nella palude”, è più di un monologo teatrale: è una confidenza bisbigliata a cuore aperto, che affascina e cattura e insegna, tenendoti per mano fino alla fine.
Non è una di quelle vicende che si studiano approfonditamente sui libri, sebbene faccia parte di diritto della Storia, la nostra Storia: la bonifica dell'Agro Pontino è un evento che a scuola viene appena accennato, elencato insieme alle altre operazioni effettuate sotto la dittatura di Mussolini. Eppure, un tale avvenimento non ha solo modificato completamente un paesaggio e un ecosistema, ma ha anche comportato un ingente numero di morti tra tutti quelli che si sono trasferiti nella zona per effettuare questi lavori.
Francesco Lande si fa portavoce della memoria storica della sua famiglia: suo padre, sua madre e i suoi nonni a lui hanno affidato i propri ricordi, e lui, nella continuità atavica tipica del tramandare, a noi ne fa dono. Il suo è un viaggio tra i canali d'acqua da scavare e quelli già scavati, tra le zanzare portatrici di malaria, il chinino e il freddo pungente dell'inverno trascorso immersi nella palude gelida. Il tentativo di bonificare questo territorio risale addirittura ai tempi delle civiltà pre-romane: i Volsci sono stati i primi a cercare di rendere abitabile e coltivabile questa regione. A loro sono seguiti i Romani, poi succeduti da diversi papi, fino ad arrivare a “quello lì de Roma”.
Lande nella sua narrazione attraversa le diverse testimonianze da lui raccolte. Memorie di morte, con le migliaia di persone decedute per le condizioni di lavoro, ma anche di speranza e di nascita: per questo intere famiglie lì si trasferivano, con il sogno di poter poi abitare la terra da loro bonificata e di potervi crescere i propri figli.
La voce e il corpo dell'attore-regista pennellano vividamente l'ambiente entro il quale i suoi personaggi vanno a muoversi: i tre canali, i colli e le strade, le stanze papali e le case dei coloni, tutto sembra prendere forma di fronte ai nostri occhi.
L'unico “accessorio” in più? Una lampadina che cala dall'alto, accendendosi a tratti: rappresenta una quercia, un albero che ha assistito attraverso i secoli agli innumerevoli tentativi dell'uomo di piegare la natura ai propri desideri. Alla fine, certo, l'uomo c'è riuscito, pagando forse un prezzo troppo alto. Ma alla quercia poco importa: fissa nella sua immobilità secolare, resta sorda e indifferente agli sconvolgimenti che la circondano, non badando neanche all'attore che da lei, invano, attende una qualche illuminante risposta.
Prenotazioni e prevendita sulla piattaforma di Ciaotickets o telefonando al 3283257210. Biglietto 13 euro.