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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

"Hanno il Covid, non andate a fare la spesa da loro": in tre finiscono a giudizio con l'accusa di diffamazione

Nel mese di marzo 2020 avevano seminato il panico con un messaggio vocale su WhatsApp, divenuto virale a Chieti, nel quale si alludeva alla chiusura di un negozio di alimentari nel centro storico dopo un blitz delle forze dell'ordine a causa della presunta positività al coronavirus dei gestori

Dovranno comparire davanti al giudice i responsabili del messaggio vocale su WhatsApp divenuto virale a Chieti nel 2020 quando, in piena pandemia, si esortava a evitare di fare acquisti in un negozio di generi alimentari del centro storico teatino perché i titolari erano risultati positivi al Covid-19. In tre, come riporta il Messaggero Abruzzo, sono stati raggiunti da citazione diretta in giudizio dal pm Marika Ponziani e dovranno comparire in aula: l’accusa è di procurato allarme e diffamazione.

I titolari della salumeria, moglie e marito residenti fuori città, si sono costituiti parte civile. Il Comune di Chieti, individuato come parte offesa, non si è costituito parte civile. 

I fatti risalgono mese di marzo 2020 quando, durante il primo lockdown, un messaggio audio che aveva iniziato a circolare insistentemente nelle chat di WhatsApp asseriva con assoluta certezza la chiusura di un negozio di alimentari di Chieti dopo un blitz delle forze dell'ordine a causa della positività al coronavirus dei gestori che nel frattempo avevano continuato a lavorare. Nel vocale si parlava anche di sequestri e arresti.

Un messaggio che scatenò letteralmente il panico in città: dovette intervenire l’allora sindaco Umberto Di Primio per rassicurare i cittadini e spiegare che il titolare dell'attività era in quarantena a casa perché risultato positivo al Covid-19 e che il negozio era stato già chiuso precedentemente proprio per questo motivo.

Ma ormai il danno era stato fatto e i due commercianti successivamente riscontrarono un calo importante degli incassi riferendo di essere stati danneggiati dalla diffusione della bufala.

La prima udienza si terrà a luglio.
 

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