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Domenica, 28 Aprile 2024
Politica Guardiagrele

Coronavirus, "Guardiagrele era ad alto rischio contagi ma nessuno lo sapeva": l'ex sindaco contro la Asl

Il gruppo consiliare guidato da Simone Dal Pozzo spiega che la situazione Covid "avrebbe richiesto una gestione diversa da parte della Regione e della Asl 

“Il pericolo era annunciato e il rischio era stato calcolato, ma nessuno ci ha informati”. Il gruppo consiliare “Guardiagrele il bene in comune”, guidato dall'ex sindaco guardiese Simone Dal Pozzo interviene sulla gestione Covid.

"Dallo scorso novembre - ricordano i consiglieri di minoranza - abbiamo monitorato la pericolosa evoluzione del numero dei contagi e proposto, tra le altre cose, uno screening di massa gratuito, a partire dalla popolazione scolastica ma non siamo stati ascoltati  e - aggiungono dall'opposizione - quando è venuta fuori la storia della variante inglese, è stato chiaro che molti dati non sono stati comunicati o, comunque, non sono stati presi nella giusta considerazione”. 

Questa la conclusione alla quale sono giunti  Dal Pozzo e i suoi collehi "esaminando alcuni documenti che, dalla metà di dicembre, hanno delineato almeno nella provincia di Chieti un quadro che probabilmente avrebbe richiesto una gestione diversa da parte della Regione e da parte della Asl". 

“Abbiamo scoperto che sicuramente dalla metà di dicembre 2020 la Asl di Chieti aveva classificato 30 comuni della provincia (sul totale dei 103) in una fascia di rischio alta con la presenza di circa 124mila cittadini a rischio di veicolare il virus. Tra questi comuni c’era anche Guardiagrele e altri 6 dell’intero distretto. Questo documento – precisa la nota – è stato tramesso alla Regione il 17 dicembre come parte della proposta della ASL per una campagna di screening alla popolazione". 

Il quadro secondo la minoranza guardiese cambia all’inizio di gennaio. "Si vede dal rapporto settimanale della Asl - spiegano i consiglieri - se molti comuni vengono collocati in una fascia di minore rischio, non pochi vi restano. Guardiagrele, ad esempio, resta in fascia alta e gli altri 7 del distretto che c’erano prima ne escono".

Questi i quesiti ad Asl e Regione:

“Come mai queste informazioni non sono state date alla popolazione? Il rischio per la cittadinanza come mai non è stato reso pubblico? Era necessario adottare misure straordinarie alla luce di questi dati? E, infine, come mai, se questo era il quadro sin dalla metà di dicembre, lo screening che avrebbe potuto quanto meno limitare il contagio, è stato avviato dopo oltre un mese? A proposito dello screening  abbiamo trovato alcuni documenti che dimostrano una gestione discutibile se inquadrata nel pieno della diffusione della variante inglese, soprattutto in provincia di Chieti. Dalle interviste rilasciate alla stampa internazionale apprendiamo che la Regione e la ASL sapevano dalla fine di dicembre, ma la popolazione non ha avuto nessuna notizia, almeno fino alla metà di gennaio. Cosa si diceva in queste comunicazioni? Era giusto derubricare la cosa semplicemente dicendo che la variante è solo maggiormente trasmissibile? Se il quadro sanitario non era chiaro, era forse necessario adottare altre precauzioni limitando, quindi, ogni conseguenza sia sui contagi sia sugli effetti economici di una tale situazione? 

Poi l'attenzione si sposta sugli screening di massa:

“Il dato preoccupante riguarda la modalità di esecuzione dello screening. Una nota della Asl del 22 gennaio per giustificare l’uso dei tamponi “lateral flow” e la loro sensibilità alla variante inglese cita un documento britannico nel quale si parla di uno studio fatto su alcune marche. Ebbene, se leggiamo gli atti con i quali la Regione ha acquistato solo a fine dicembre i suoi tamponi, vediamo che nessuno dei lotti è riconducibile a quelle marche, senza trascurare che per ogni lotto i tamponi hanno costi unitari diversi, dal minimo di 2,29 euro al massimo di 3 euro a tampone. I tamponi utilizzati quale efficacia reale hanno? Per tracciare le varianti doveva forse essere utilizzato un percorso diverso? Siamo sicuri che i campioni prelevati con tampone molecolare (100 a Guardiagrele) siano realmente rappresentativi? E come mai, per quello che ci risulta, la Regione non ha risposto alla nota della ASL con la quale comunque si forniva l’indicazione di effettuare uno screening proprio con i molecolari, almeno nei comuni con rischio più elevato?"

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