"Come è in cielo così sia in terra", al museo universitario 'viaggio' nelle carceri italiane fra giustizia, perdono e misericordia
“I reclusi non sono scarti ma persone da affiancare”. Nessun pietismo ma convinta partecipazione ‘bipartisan’, laico-costituzionale e cattolico-praticante, ai programmi di recupero dei carcerati. La ricetta è “il volontariato degli uomini e delle donne che credono nel Vangelo dei poveri e dei preti operai e nel Cristo che incontri dentro gli istituti penitenziari”. Così Agnese Pellegrini, teatina, giornalista del mensile di salute ‘BenEssere’ e volontaria nelle carceri romane di Regina Coeli ed in quelle di Milano-Opera, nel ‘colloquio’ con il giornalista Stefano Natoli, già firma autorevole del Sole XXIV Ore ed oggi animatore del laboratorio “Leggere-Libera-Mente”, a margine della presentazione di “Come è in Cielo così sia in Terra”, sottotitolo “Il carcere tra giustizia, perdono e misericordia”, volume di padre Vittorio Trani, presbitero francescano conventuale e cappellano penitenziario sempre a Regina Coeli [edizioni Paoline, dicembre 2022, pagine 216, prefazione di Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, e postfazione di Don Antonio Rizzolo, direttore generale dell’Apostolato della Società San Paolo in Italia]. Auditorium del Museo di Scienze Biomediche in piazza Trento e Trieste gremito ieri pomeriggio per l’ascolto non di soluzioni retoriche e buone per ogni stagione ma più esattamente di stili di vita, quelli dei volontari e quelli dei reclusi, degli ex reclusi, e dei nuovi reclusi. O meglio dei “reclusi di nuovo”. Puntuali gli incipit del giornalista Alfredo D’Alessandro, nei panni del moderatore, per la qualificata compagine degli ospiti dell’associazione “Noi del G.B. Vico”, rappresentata dal presidente Luca Cipollone: oltre a Vittorio Trani ed ai co-autori Stefano Natoli ed Agnese Pellegrini, il sindaco di Chieti Pietro Diego Ferrara, l’arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto Bruno Forte, il prefetto già Vice capo della polizia Luigi Savina, il direttore della Casa circondariale di Chieti Franco Pettinelli. “Il dato che più mi ha colpito, lo dico da laico che guarda con estrema attenzione e rispetto alla dottrina cristiana”, osserva il Sindaco Diego Ferrara, “è quello dei suicidi negli istituti penitenziari o nell’immediato periodo post-carcerazione, mi chiedo e chiedo a quella politica non strumentale deputata alla soluzione dei problemi di affollamento delle carceri, di recupero dei suoi ‘ospiti’ e, soprattutto, di concepimento di un idoneo sistema di garanzie, se il fenomeno possa ancora essere considerato come un dato asettico …. Di recente ho conosciuto un ragazzo che ha giustamente pagato per aver violato la legge, quella legge, però, che oggi, privandolo di ogni prospettiva di auto sostentamento nel ‘dopo carcere’ lo costringe a frequentare la mensa vincenziana, e meno male che tali sostegni temporanei funzionano, rendendo purtroppo quel ragazzo come un soggetto a rischio…”.
Gli fa eco Vittorio Trani: “Il problema vero è quello di valide misure alternative alla pena detentiva, ciò detto, e veniamo a quanto ora accade nelle nostre carceri con gli strumenti oggi a disposizione, il 70% della popolazione carceraria di detenuti senza adeguata formazione professionale, scolarizzazione e crescita culturale torna a delinquere, la percentuale si abbatte drasticamente al 13, e questo è incoraggiante, per chi nelle carceri ha trovato la possibilità di metabolizzare un progetto serio di recupero della propria esistenza”. Per padre Vittorio, che snocciola aneddoti, vicende, situazioni, episodi tratti dalla sua pluriennale, operosa missione sacerdotale a Regina Coeli, la sinergia tra leggi dello Stato e quelle della morale cristiana “non può mai prescindere dal costante riferimento al Vangelo, laddove la legislazione ordinaria e la stessa Costituzione diventano carenti di attuazione, arriva sempre la parola di Dio ad offrire criteri di rapporti nuovi ispirati alla misericordia che giovano anche alla società laica ed ai non credenti”. Sulla crescita culturale nelle carceri quale leva di cambiamento e riscatto si sofferma Stefano Natoli: “Quando alle carceri di Opera organizziamo corsi di comunicazione o di approccio alle discipline universitarie, abbiamo fondate speranze che i detenuti possano poi nutrire una qualche aspettativa, i giovani, e quindi anche i giovani reclusi, hanno fame di lavoro, quest'ultimi ci chiedono rassicurazioni sull’ingresso nel mondo lavorativo anche se non è demandato ai volontari garantire sbocchi occupazionali … Di certo siamo felici di poter registrare un confortante incremento quantitativo e qualitativo dei profili scolari e professionali di molti detenuti i quali, entrati in carcere magari con la semplice licenza media, si laureano a pieni voti, guardate, è tutto vero, questi ragazzi sono bravi ed ottengono spesso la ‘lode’ non per pietismo ma perché lo meritano…”. “Ma quale è”, chiede Alfredo D’Alessandro, “la situazione carceraria a livello periferico?”. “Qui a Chieti, Dobbiamo essere bravi”, spiega Franco Pettinelli, “a far fruttare le risorse finanziarie a disposizione, nonostante certi limiti, e mi riferisco ovviamente alla mia gestione, la Casa circondariale della mia Città ha registrato progressi strutturali, penso ad esempio agli impianti igienici ed a quelli sportivo-ricreativi … Ma anche sul fronte delle attività formative e di recupero siamo a livelli di avanguardia, oltre a laboratori artigiani e di panificazione organizzati grazie alla collaborazione con Confartigianato e Caritas, abbiamo istituito due sezioni ‘sex offender’ [per reati attinenti la sfera sessuale, ndc], questi reclusi, a particolare rischio poiché invisi al resto della popolazione carceraria, esprimono disagi, molte volte aventi origine nell’infanzia tormentata, che vanno affrontati e curati”. A portare un contributo di larga e pluriennale esperienza al contrasto alla criminalità organizzata, e dunque al collaterale aspetto di una Giustizia ‘giusta’ e prospettica, è il teatino Luigi Savina, prefetto della Repubblica, che tutti ricorderanno nelle sue molteplici esperienze quale capace investigatore nella lotta al traffico internazionale di stupefacenti ed alla mafia [tra i suoi molti successi, l’arresto di Giovanni Brusca] ed autorevole figura ai vertici della Polizia di Stato. “Da uomo delle istituzioni”, spiega Savina, classe di ferro 1954 “come il mio amico sindaco Ferrara, premetto che il mio faro formativo ed operativo è l’articolo 27 della Costituzione il cui impianto, risalente al 1948, va ai nostri giorni letto in maniera evolutiva… Mi riferisco ai diritti che i detenuti hanno ‘diritto’, scusate il gioco di parole, a rivendicare ed ottenere se vogliamo che concetti come la ‘rieducazione del condannato’ abbiano un senso compiuto, parlo di affettività, riservatezza, salute, istruzione, ve lo dice uno che ha girato in lungo ed in largo le carceri italiane a ragione del proprio lavoro, diciamo della fase conclusiva dell’investigazione culminata nell’arresto… Ecco, questo libro, indagine seria ed umana sulle carceri italiane, ci spiega che la percentuale di chi torna tra quelle ‘quattro mura’ si avvicina ad un preoccupante 70%, un monito per i giudizi tranchant di chi dice ‘gettateli dentro e buttate la chiave’, capisco pienamente l’emotività ma suggerisco una riflessione che è quella del cercare di rendersi conto di cosa significhi scontare una pena senza prospettive di recupero nonostante gli indubbi sforzi della polizia penitenziaria, dei volontari e di chi attua programmi di assistenza psicologica come dimostrato dalla recente assunzione di 200 psicologi da parte del Ministero della Giustizia”. E qui torniamo al volontariato, che si rivela essere insostituibile malta cementizia per segmenti ‘in libertà’, scusate il voluto contrasto con la ‘restrizione’ negli istituti penitenziari, di un più ampio ruolo istituzionale e sociale dell’azione rieducativa contemplata dal combinato disposto degli artt. 27 e 13, 4 c., della Costituzione. “I volontari”, spiega Agnese Pellegrini, “sono inquadrati nell’ordinamento penitenziario, ai sensi dell’art. 17 del regolamento, quindi si tratta di figure ufficiali ed a volte decisive per il futuro dei detenuti, siamo consapevoli della grande responsabilità alla quale non ci sottraiamo non per meriti individuali ma perché ispirati dalla misericordia del Vangelo, ma c’è tantissimo ancora da fare anche sul piano degli aspetti più ordinari, come ad esempio il diritto al ‘sovravitto’ [integrazione del trattamento di base garantito dalle mense delle Case circondariali], attualmente per tanti detenuti impercorribile dati costi proibitivi praticati degli spacci interni”. Quando si parla di ‘vitto’ non si può prescindere da un ‘vitto’ di altra natura, quello spirituale. “In ogni carcere”, dice Padre Bruno Forte nel suo saluto conclusivo ai convenuti, in ciò richiamando le tematiche poste dal c.d. ‘Ergastolo Bianco’ [tema proposto dallo stesso presule teatino per la serie di podcast ‘Incontri’, ndc], “ci si nutre di cordialità, attenzioni, piccole cose, relazioni minute e fondamentali per fare memoria del passato di ciascuno e riconciliarsi con esso senza negarlo… Il libro di padre Vittorio Trani e dei giornalisti Agnese Pellegrini e Stefano Natoli va nella direzione del camminare insieme e costituisce un segno, per tutti noi, di grande umanità”.