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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Treglio

Rinviato a giudizio il datore di lavoro dell'operaio precipitato dal tetto di un capannone a Treglio

L'incidente si verificò il 17 giugno 2021: Manuele Salerno, 46 anni, di Orsogna, morì 4 mesi dopo all'ospedale di Padova, dove era stato trasferito in gravissime condizioni. Il processo inizierà il 30 aprile 2024

È stato rinviato a giudizio il datore di lavoro dell'operaio precipitato mentre lavorava sul tetto di un capannone industriale. Manuele Salerno, 46 anni, di Orsogna, morì 4 mesi dopo la caduta.

Per la sua morte il Gup del tribunale di Lanciano, Giovanni Nappi, ha rinviato a giudizio un 65enne residente a Canosa Sannita, legale rappresentante e responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale della ditta, specializzata in smantellamento d’amianto, per cui l'operaio lavorava. Il processo inizierà il 30 aprile 2024 dinnanzi al giudice Maria Teresa Pesca.

L'incidente, risultato poi mortale, avvenne il 17 giugno 2021 a Treglio. Quel giorno l'operaio era impegnato, assieme ad altri due colleghi, nella rimozione e bonifica della copertura in amianto di un opificio in località Paglieroni, nella zona industriale di Treglio.

Secondo Giesse risarcimento danni, gruppo specializzato nella gestione di infortuni sul lavoro a cui i familiari della vittima si sono rivolti, la dinamica dell’incidente è ricostruita nel dettaglio nel verbale del Servizio prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (Spsal).

Durante lo spostamento manuale di una delle lastre oggetto di rimozione, Salerno, camminando, avrebbe calpestato una parte della stessa copertura non portante e, data l’incapacità di quest’ultima di sostenere il suo peso, sarebbe scivolato all’interno di un’apertura creatasi sotto i suoi piedi precipitando nel vuoto dall’altezza di sei metri.

L’impatto sul pavimento sottostante è stato fortissimo, ma l'operaio rimase miracolosamente in vita. Venne trasportato con l’elisoccorso all’ospedale S.S. Annunziata di Chieti e ricoverato in Rianimazione, in prognosi riservata. Il 46enne rimase all'ospedale di Chieti per due mesi. Ma le sue condizioni erano gravissime, tanto che il 17 agosto venne elitrasportato all’ospedale di Padova dove subì un importante intervento chirurgico di ricostruzione della trachea. Gli sforzi del personale sanitario non bastarono però a salvargli la vita e, il 23 ottobre, Manuele morì.

La vittima, Manuele Salerno

“Come accertato dall’autorità competente, Manuele e i suoi colleghi stavano lavorando senza le indispensabili misure di protezione e prevenzione per svolgere un lavoro di questo genere – sottolinea Gianni Di Marcoberardino, responsabile della sede Giesse di Montesilvano – Operavano in quota in condizioni di assoluta insicurezza, senza alcun sistema di protezione anticaduta adeguatamente predisposto”.

Sempre secondo lo Spisal, il datore di lavoro avrebbe omesso di attuare quanto previsto nel Piano operativo di sicurezza, il quale prevedeva che la rimozione di lastre di tetti o coperture dovesse essere fatta dal basso della copertura mediante l’utilizzo di una piattaforma elevabile. E avrebbe dovuto prevedere l’utilizzo di attrezzature anticaduta e la predisposizione di protezioni lungo tutto il perimetro della superfice interessata.

“Manuele si è tragicamente spento dopo quattro mesi di agonia – commenta la moglie Romina – ora sono sola con tre figli adolescenti a causa dell’ennesimo incidente sul lavoro che si sarebbe sicuramente potuto evitare rispettando le più elementari misure di sicurezza. Tutto quello che vogliamo è ottenere giustizia, anche se è solo una goccia nel mare delle morti sul lavoro che sono sempre più in crescita. Stampa e istituzioni dovrebbero dare più risalto a vicende come quella del mio Manuele, forse, con più sensibilizzazione sull’argomento, chi fa impresa si sentirebbe meno autorizzato a rischiare sulla pelle degli operai”.

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