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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Detenuto muore in cella nel carcere di Chieti: "Era gravemente malato"

Voci di dentro parla di una morte annunciata: "Era ristretto nonostante il medico del carcere, già prima di Natale, avesse definito il detenuto in condizioni non compatibili con il regime carcerario"

Un detenuto di 60 anni è morto nella notte tra lunedì e martedì nel carcere di Chieti, dopo aver avuto un malore. Nonostante i compagni di cella siano intervenuti prontamente chiamando l’infermiera di turno, che ha fatto tutto il possibile per salvarlo, non c’è stato nulla da fare: all'arrivo del 118 l’uomo era deceduto, allungato sul pavimento della cella. A diffondere la notizia è l’associazione Voci di dentro, che opera nelle carceri e fuori con i detenuti, parlando di “una morte annunciata” L’uomo, a quanto si apprende, era ristretto da alcuni mesi nel carcere di Madonna del Freddo nonostante il medico del carcere, già prima di Natale, avesse definito il detenuto in condizioni non compatibili con il regime carcerario. 

“Zio Nicola, così come lo chiamavano in sezione, era diabetico, pluri-infartuato, aveva subìto due operazioni a cuore aperto, angioplastica e sostituzione valvola aortica, 75% di invalidità. Incensurato, aveva sessant’anni che ha speso a lavorare onestamente. Aveva lavorato nella cura dello stadio di Lanciano e nel supporto alla squadra di calcio. Un giorno di luglio 2022 – raccontano - si è visto prelevare da casa dai carabinieri che lo hanno accompagnato in carcere per l’esecuzione di una pena di due anni e due mesi. Dal momento che era per un reato ostativo non ha trovato nessun magistrato coraggioso abbastanza per concedergli una pena alternativa al carcere”.

Già dopo i primi due mesi di carcere l’uomo aveva iniziato ad avere attacchi epilettici  con i compagni detenuti della sezione intervenuti più volte per aiutarlo e far poi chiamare i medici che portavano il detenuto in ospedale. 
Cavilli burocratici hanno rinviato la fissazione della camera di consiglio per la concessione degli arresti domiciliari, proposta dal suo avvocato. “I magistrati di sorveglianza – proseguono da Voci di dentro - hanno rigettato la sua richiesta perché consideravano che fosse curabile in carcere. Eppure secondo gli stessi medici del carcere le sue condizioni era incompatibili con il regime detentivo. Non commentiamo la decisione che sicuramente è stata presa su basi legali solide ma esprimiamo il nostro disappunto sulla rigidità di un sistema cieco ed insensibile alle necessità dei più deboli, che non hanno i mezzi economici per farsi sentire”.

Il giorno dopo il rigetto, lo zio N. ebbe un’altra ischemia  questa volta proprio nella saletta socialità: dopo l’ennesima visita in ospedale,la sera era di nuovo in sezione.

All’inizio di febbraio 2023 un’altra ischemia con lo stesso risultato ed epilogo fino alla notte tra il 20 e il 21 febbraio quando l’uomo ha avuto un altro attacco, questa volta fatale. “Il sistema giudiziario ha fatto un’altra vittima, ha trasformato una condanna a due anni e due mesi di reclusione in una condanna a morte! Una morte annunciata, prevedibile e, forse, evitabile. E se non evitabile certamente sarebbe potuta avvenire in un contesto più decente, stretto dai suoi familiari” scrivono i suoi compagni di sezione in una lettera, “vogliamo trasmettere le condoglianze alla famiglia e vogliamo sensibilizzare le autorità competenti ad una valutazione più personale e meno burocratica delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane”.
 

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