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"Vola vola vola" fa cantare l'Abruzzo in tutto il mondo

La canzone composta da Albanese e Dommarco sta per compiere 110 anni ed è più viva che mai: dopo il successo al festival della canzone italiana di Parigi, si consacrò come inno regionale

Non c'è abruzzese che non conosca questi versi famosissimi: "E vola, vola, vola, vola/e vola lu cardille/nu vasce a pizzichille/né mi le può negà". Il "Vola vola", diventato di diritto l'inno dell'Abruzzo, nonché la canzone più famosa al mondo in dialetto abruzzese, sta per compiere 110 anni.

A comporre la melodia, nel 1908, il pronipote di Francesco Paolo Tosti, Guido Albanese, con Luigi Dommarco, che scrisse invece il testo. Sin dai primi anni Venti, i due compositori cercarono di far conoscere la loro canzone in giro per l'Abruzzo, tra festival e concorso. Ma solo nel 1953 quei versi in dialetto ortonese, che raccontano il gioco di un fanciullo, ebbero la soddisfazione più grande, con la vittoria, nel 1953, al festival della canzone italiana di Parigi. 

Ma dove nasce il ritornello più famoso d'Abruzzo? Il "vola vola vola" era un gioco molto praticato, all'epoca, dai ragazzini. Colui che conduceva il gioco, accerchiato dai compagni che gli tenevano l'indice sul ginocchio, doveva pronunciare il nome di un animale dopo la formula "Vola vola vola". Se l'animale nominato era effettivamente in grado di volare, i ragazzi dovevano sollevare il dito, per mimare il volo, in caso contrario dovevano tenerlo sul ginocchio dell'amico. A ogni errore, corrispondeva un pegno da pagare. 

La canzone, rifacendosi a quel gioco, parla in realtà di amore: "Vulesse fa’ ‘revenì pe’ n’ora sole/lu tempe belle de la cuntentezze/quande pazzijavame a vola vola/e te cupre’ de vasce e de carezze", ossia "Vorrei far tornare per un'ora sola il tempo bello della contentezza, quando giocavamo a "vola vola" e ti coprivo di baci e di carezze".

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