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Giovedì, 25 Aprile 2024
Segnalazioni

La "via degli affreschi", una proposta di percorso culturale fra i tesori noti e meno noti dell'arte pittorica teatina

“La via degli affreschi”. Non è uno dei percorsi contemplati nei progetti del Pnrr. Ma chissà, potrebbe diventarlo. E’ un’idea. Che farebbe il paio, integrandola, con la “via degli orti e dei conventi”, già finanziata. Una collezione, quella del Museo Costantino Barbella, riveniente dalla sala degli affreschi della Provincia e riguardanti opere rinascimentali. E cinque pezzi unici: due pressoché sconosciuti, uno sconosciuto e segreto, uno conosciuto ma non fruibile dagli appassionati di storia dell’arte, uno solo ad oggi visibile. Con altri tesori a far da degno corollario.Tutti comunque intrisi di fascino. Collegarli in un itinerario culturale, che ovviamente si estenderebbe ai rispettivi “contenitori” e contesti storici, artistici ed urbani, sarebbe una vittoria della cultura e della tradizione teatina.

Per ora possiamo solo raccontarli in questo ipotetico filo multicolore che abbraccia un ragguardevole spaccato della storia teatina.

1. Prima tappa: l’affresco dell’ex convento Sant’Andrea dei Frati Zoccolanti [allo stato non visitabile]. Il nostro tragitto parte dalla Villa Comunale, precisamente dalla realizzanda Cittadella della Cultura dell’ex Ospedale Militare, già convento Sant’Andrea dei Frati “Zoccolanti”. Una storia lunga, iniziata nel 1420 ma preceduta dai fasti della romanizzazione. Il complesso insiste infatti su un diverticolo di accesso alla città romana della strada Consolare Valeria. Ed è una storia suggestiva, in parte narrata, perlomeno fino al 1657 da Girolamo Nicolino nel suo testo cult [Historia della Citta di Chieti], tratteggiata da scelte spesso incomprensibili. Il plesso conventuale del Sant’Andrea è stato oggetto dalla professoressa Antonella Giovanditti di un’attenta ricognizione storica il 30 novembre 2021, nell’ambito degli incontri “Cultura a Palazzo”, promossi da Prefettura, Soprintendenza e Comitato Cittadino per la salvaguardia ed il rilancio di Chieti. Della struttura originaria, che comprendeva anche un campanile, restano porzioni profondamente modificate ed anche del prezioso patrimonio pittorico, quasi completamente distrutto o disperso, si conserva in loco soltanto un frammento di affresco rinascimentale attribuito da alcuni ad Antonio Solario [detto lo Zingaro Pittore, 1382-1455]. Ed è proprio questa la prima tappa della “via degli affreschi”. Il dipinto, da noi eccezionalmente fotografato nel corso di un recente sopralluogo dei rappresentanti degli Enti interessati alla riqualificazione culturale ed amministrativa del sito, è direttamente esteso su una parete dell’ex refettorio e ritrae due personaggi maschili con indumenti eleganti, verosimilmente mecenati dell’epoca. Ma è solo una congettura poiché l’affresco andrebbe interpretato nella sua dimensione originaria, gran parte della quale andata purtroppo perduta. Anche altre testimonianze dell’ex Sant’Andrea necessiterebbero di immediato restauro e valorizzazione. E’ il caso del Trionfo del Terzo Ordine Francescano, tela dipinta nel 1590 da Luca Fornari, rintracciata nella chiesa di San Domenico. Ed ancora: dal Sant’Andrea proviene il prezioso trittico del 1489 Maestro dei Polittici Crivelleschi [L’Aquila, collezione Fondazione Carispaq] inizialmente smembrato e ricomposto nel 1948 da Ferdinando Bologna. Conservati, in parte presso la Biblioteca Nazionale di Napoli ed in parte presso la Biblioteca A.C. De Meis di Chieti, alcuni Codici Miniati dello Scriptorium teatino.

2. Seconda Tappa: l’affresco della Chiesa della SS. Trinità [visitabile]. Appena varcato l’imponente portone bronzeo della Chiesa della SS. Trinità dei Pellegrini [1586-1587] ci si imbatte, subito a destra, nell’affresco dedicato a San Paolo di Tarso. E’ questo l’unico “pezzo” singolo, oggi fruibile da visitatori e studiosi, dell’ipotetica “Via degli affreschi”. La didascalia riportata all’interno della teca che protegge l’opera di Autore ignoto così recita: “Il dipinto, risalente al XV secolo è ciò che resta della precedente cappella del 1141, riemerso durante i lavori di restauro del 2007, bimillenario della nascita dell’apostolo”. Dunque, stando all’anamnesi storica, l’affresco venne realizzato nel primo nucleo sacro, ed a distanza di quasi trecento anni dalla edificazione dello stesso, di quello che sarebbe divenuto un Ospedale di mendicità con attiguo edificio di culto. Dotato, ma nel 1748, di cella campanaria, a sua volta munita, ma solo nel 1902, dell’orologio [Raffaele Bigi, Chieti Passato, presente e … futuro, Carabba edizioni 2012]. Non vi sarebbero dubbi sulla dedicazione dell’opera a San Paolo, in quanto il personaggio raffigurato reca i segni distintivi dell’“Apostolo dei Gentili”, tra cui la spada, il vangelo e la barba. Inoltre, il dipinto rientra nei canoni artistici del periodo gotico-rinascimentale, con la figura ritratta quasi in punta di piedi. Nella Chiesa della Santissima Trinità vi sono, da ammirare, anche altre importanti espressioni artistiche fra le quali l’affresco della Cappella dedicata alla Madonna del Suffragio, già Torre della Porta Sant’Andrea [Raffaele Ferrara, 1844] e quello della volta della Navata unica, raffigurante un grande occhio nel triangolo, allegoria dell’onnipresenza di Dio. Di elevata cifra la pala centrale raffigurante la Santissima Trinità nell’incoronazione di Maria, opera del teatino Donato Teodoro [1699-1779], e la macchina ligneo-scultorea sempre dedicata al mistero del Dio uno e trino. Inoltre, da segnalare opere pittoriche di Raffaele Ajola, Ludovico De Majo, Enrico e Francesco Paolo Marchiani, quest’ultimo maestro di Francesco Paolo Michetti; ed opere lignee dei maestri intagliatori Fabrizio de Fabritiis, di Orsogna, e del teatino Giustino Critelli. All’esterno, nella nicchia che sovrasta il caratteristico finestrone ovalizzante ed il portale a cuspide, è stata collocata, nel 2021, la nuova statua della Madonna col Bambino, opera del contemporaneo maestro Luciano Primavera, che ha sostituito la precedente opera lignea di bottega umbro-abruzzese [seconda metà XIV sec.] oggetto di un accurato restauro conclusosi nel 1982.

3. Terza tappa: l’affresco della chiesa di Santa Maria della Civitella o del Carmine [allo stato non visitabile]. Eretta sull’arce del colle di Marte come testimoniato da una iscrizione lapidea collocata a ridosso dell’altare maggiore, la chiesa di Santa Maria della Civitella è strettamente legata alla tradizione celestiniana, essendo stata edifica nel 1295, in fascia temporale coeva alla più nota abbazia di Santa Maria di Collemaggio in L’Aquila, per impulso del Beato Roberto di Salle, discepolo prediletto di Celestino V. E l’affresco rinascimentale dedicato a Santa Maria della Neve, terza tappa del percorso, evidenzierebbe proprio il Beato alla destra della Vergine. A sinistra il Papa del Gran Rifiuto. Alcuni Autori parlano anche dell’ipotesi alternativa di Sant’Antonio da Padova. Ma quella del Beato da Salle resta la tesi prevalente poiché in linea con il dato temporale della costruzione di “Santa Maria in Civitellis” e con il richiamato influsso pontificio. Di assoluto rilievo architettonico l’elegante portale in pietra del maestro ortonese Nicola Mancino. La Chiesa, che custodisce le spoglie di Gennaro Ravizza [storico, Lanciano 15 MAG 1766-Chieti 8 GEN 1836, sulla figura e sulla produzione del R. vedasi la raccolta “Opere Scelte di Gennaro Ravizza 1826-1836”, a cura di Teresio Cocco, Rotary Club-Carichieti, èDICOLA edizioni, Chieti 2010], è attigua al Parco Archeologico ricomprendente l’Anfiteatro Romano di Teate [I sec. d.C.] ed il Museo Nazionale della Civitella. L’edificio sacro non è aperto al culto. Avendo risentito degli effetti di un progressivo declino dovuto al trasferimento alla casa madre di Verona della comunità delle Suore Orsoline che dal 1931 erano dedite alla formazione scolastica, sociale e religiosa. L’ex struttura conventuale annessa alla chiesa è oggi utilizzata da una benemerita istituzione di assistenza collegata alla Caritas diocesana.

4. Quarta tappa: l’affresco delle segrete della Cattedrale [non visitabile, prescrizioni di sicurezza e tutela della Soprintendenza ABAP Chieti-Pescara] e gli affreschi della Cripta [visitabili]. Venuto alla luce nel 2018, l’affresco sconosciuto delle segrete del duomo interrompe il quadro temporale rinascimentale che in linea di massima contraddistingue l’excursus del possibile itinerario, dovendosi verosimilmente collocare nel periodo antecedente alla prima Crociata, predicata nel 1097 da Papa Urbano II, si pensa proprio nella Cattedrale teatina. La figura, probabilmente una Madonna, è molto danneggiata dai cristalli di carbonato di calcio prodottisi a causa dell’umidità e dell’azione biologica generata dal tempo sui materiali impiegati per la realizzazione del dipinto. L’affresco si trova nelle segrete della basilica tommasea. La Chiesa Cattedrale, che sotto il fonte battesimale ingloba i resti in opus cementicium di un tempio romano dedicato ad Ercole, era infatti originariamente dedicata a San Tommaso Apostolo, culto poi esteso proprio alla Beata Vergine Maria ed al vescovo Giustino, prima della titolazione esclusiva al Santo Patrono al quale era stata dedicata la sola Cripta. Ancora oggi si ritiene che dette segrete siano state ab origine deputate a funzioni di ossario. Ma il rinvenimento del dipinto apre, a giudizio di chi scrive, anche ad un’altra congettura. Ossia che le segrete di San Giustino possano svelare indizi utili per la individuazione del primo nucleo della Chiesa Cattedrale [circa IV sec., periodo costantiniano], quindi non semplice ossario ma inizialmente vero e proprio luogo di culto. Tanto da essere nel tempo ingentilito da dipinti, come l’affresco di presunta epoca bizantina di che trattasi, tipici di una frequentazione diversa da quella meramente sepolcrale. Quindi liturgica. Varie fasi della fabbrica di San Giustino si sono succedute fino ad epoca recente. Un esempio significativo è dato dai lavori, disposti a cavallo dell’840 dal vescovo Teodorico I, per riqualificare il livello superiore del tempio dopo le pregresse distruzioni, in particolare quella dell’801, che interessò l’intera Città longobarda, ad opera di Pipino [773-810], figlio di Carlo Magno, proclamato re d’Italia dall’augusto genitore. L’utilizzo come ossario di quegli ambienti potrebbe infatti essersi affermata soltanto col consolidarsi dell’uso liturgico della parte alta della chiesa, perlomeno così come la conosciamo oggi. E, dunque, sarebbe prezioso per la sintesi delle conoscenze sul locus, poter ricostruire la vocazione certa dell’assetto inferiore della basilica, ossia il livello che guadagna una quota prossima a quella dell’attuale piano di calpestio della piazza. Per non parlare, ma questa è un’altra storia, della suggestiva, ancorché verosimile ipotesi, già sostenuta su queste colonne e comunque legata alle verifiche di archeologia preventiva in corso, dell’esistenza, sotto l’attuale piazza, di un grande edificio pubblico [una basilica romana?], temporaneamente riutilizzato come basilica paleocristiana dopo l’editto di Costantino [313], poi dismesso allorquando si decise di retrocedere la Cattedrale verso nord su una quota superiore, per gli effetti sfruttando la morfologia di Colle Gallo. Tornando all’affresco della Vergine, il dipinto, benché molto compromesso, potrebbe rilasciare, dopo l’auspicabile restauro, utili indicazioni per affrontare diversi interrogativi. A differenza dell’affresco delle segrete, sono invece visibili porzioni significative, ma anche lacerti, degli affreschi della Cripta. I dipinti [Crocifisso, Deposizione, Resurrezione, Santa Caterina, San Paolo, tutti di secolo XV] sono ricomparsi a seguito dei lavori di restauro voluti negli anni 70 dall’allora arcivescovo Loris Capovilla. E, con la rimozione delle decorazioni barocche, la Cripta riassunse il suo originario aspetto. Un altro prezioso affresco, dei primi del XVI sec., proveniente dalla Cripta di San Giustino, è esposto al Museo d’Arte Costantino Barbella che costituisce la prossima tappa di questa ideale “via degli affreschi”. Tra gli altri tesori della Cripta, nella quale sono tumulati alcuni presuli teatini fra cui l’arcivescovo di Chieti Città Aperta, Giuseppe Venturi [1931-1947], il sarcofago marmoreo contenente le spoglie di San Giustino, di cui parla Girolamo Nicolino, nella sua Historia della Città di Chieti: “Il Corpo di S. Giustino di Chieti, Vescovo e Protettore di essa Città, si conserva sotto l’Altar … posto dentro il grembo di essa Chiesa, in luogo sotterraneo …”.

5. Quinta tappa: gli affreschi dell’esposizione permanente del Museo d’Arte Costantino Barbella [rassegna visitabile]. Il Museo d’Arte Costantino Barbella in questi giorni funge anche da cantiere di restauro “aperto” del dipinto “Ritratto di Costantino Barbella” [Francesco Paolo Michetti, 1888], Scuola di restauro Accademia delle Belle Arti di L’Aquila. Una ragione in più per una capatina tra i più significativi esempi dell’arte pittorica rinascimentale. Questi gli affreschi esposti, provenienti, in un caso, dalla Cripta di San Giustino, e per il resto, dal complesso sacro-conventuale dell’ex Chiesa di San Domenico [XIII sec., sul sito insiste, dal 1913, l’elegante stabile che ospita Prefettura e Provincia di Chieti]: - Madonna con Bambino [1452, Antonio di Atri], ex chiesa San Domenico - Madonna con il Bambino [primi decenni XVI sec.], Cripta Cattedrale - Santo Vescovo e Committente [V-VI decennio XIV sec., Maestro di Offida], ex chiesa San Domenico - La Crocifissione [datazione incerta, Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - San Giacomo libera un giovane pellegrino [1480 circa, Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - San Giovanni Evangelista, San Giovanni Battista, Santo e Santo monaco [II-IV decennio XV sec., Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - Madonna con il Bambino e San Giovanni [1480 circa, Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - L’Annunciazione e La Crocifissione tra San Pietro Martire e Santa Caterina D’Alessandria [IV decennio XV sec., Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - Santo Vescovo in trono fra due vescovi, e Crocifissione tra San Lorenzo e San Tommaso, San Pietro Martire e San Bartolomeo [IV decennio XV sec., Pittore abruzzese], ex chiesa San Domenico - Madonna con il Bambino tra due Santi [post 1481, Adrea Delitio], ex chiesa San Domenico Nei pressi del Museo d’Arte Costantino Barbella tre edicole votive. La prima, in Vico Storto San Ferdinando, è di difficile lettura, poiché la teca collocata a protezione del restauro di alcuni anni fa favorisce degli invasivi riflessi di luce. La seconda lungo Via Cesare De Lollis è una Madonna con Bambino con retrostante una figura maschile, con ogni probabilità San Giuseppe. La terza, in Via Pollione, è anch’essa una Madonna con Bambino, coronata e con ai lati due angeli. Il dato artistico delle opere, vere e proprie pitture di strada, si inserisce nella radicata tradizione religioso-popolare teatina.

6. Sesta tappa: l’affresco del plesso conventuale di San Giovanni Battista dei Cappuccini [allo stato non visitabile]. L’affresco dell’ex refettorio del plesso conventuale di San Giovanni Battista dei Cappuccini rappresenta un unicum di uno dei principali complessi monastici della Città rinascimentale. E’ miracolosamente scampato alle ristrutturazioni ed ai riutilizzi che la grande struttura religiosa ha subito nel corso dei secoli pervenendo ai nostri giorni in un contesto compatibile con quello originario. L’affresco ornava infatti, presumibilmente con altri dipinti murari, il refettorio del Convento, divenuto oggi l’ampia cucina dell’Asp [Azienda Pubblica di Servizi alle Persone, ex Istituti Riuniti di Assistenza ed IPAB] di Chieti 1. Abbiamo avuto l’opportunità di fotografarlo nel corso della visita accordataci lo scorso gennaio dalla direttrice della meritoria struttura di assistenza per anziani e disabili, Luisa Caramanico. L’opera, di autore ignoto, verosimilmente di scuola veneta come lo sono i dipinti su tela della annessa chiesa, ritrae un religioso in contemplazione del Crocifisso. Il saio francescano, tipico dei frati minori cappuccini, induce a ritenere che trattasi di un richiamo iconografico alle regole dell’Ordine, incentrate sulla costante preghiera [di qui l’atteggiamento ascetico verso il Santissimo Crocifisso che potrebbe richiamare la croce sovrastante la controfacciata della chiesa], anche in funzione di un invocato aiuto divino per l’assistenza agli ultimi, tipica dei francescani. Da non escludere una iconografia che alluda direttamente a Giovanni Battista anche se il deterioramento dell’affresco non consente, se non all’esito di un eventuale ed anche qui auspicabile restauro, di sbilanciarsi in accostamenti alle raffigurazioni del Santo di tratto più marcatamente “monastico”, peraltro minoritarie rispetto alle immagini che la Storia dell’Arte propone del Profeta. Dall’affresco dell’ex convento alla attigua, omonima chiesa il passo è breve e, soprattutto, obbligato. La chiesa di San Giovanni Battista dei Cappuccini dei frati Marangoni [maestri d’ascia], attualmente chiusa al pubblico poiché necessitante di interventi strutturali post terremoto del 2009, realizza un plastico esempio di quel mecenatismo che legò l’espansione architettonica della città a nomi importanti della nobiltà teatina, in primis i Valignani. Lascia stupiti, per armonia e spessore artistico, la poderosa macchina barocca dell’altare maggiore, in noce con intarsi in ebano, inglobante il prezioso tabernacolo opera di frate Felice Palombieri, e la imponente pala della scuola di Paolo Veronese raffigurante l’incoronazione della Vergine. Di particolare impatto, nella seconda cappella, una pala della Deposizione con i Santi Francesco, Giustino e Tommaso. La “triade” riflette la venerazione riservata a Francesco D’Assisi, pare a seguito di una visita a Chieti nel 1216 del futuro Patrono d’Italia; all’apostolo Tommaso, al quale venne inizialmente intitolata la Cattedrale; ed al Patrono Giustino di cui quella rappresentata sulla tela in parola è l’unica immagine nota del ‘500. Nel mentre la solenne iscrizione sul portale d’ingresso resiste in tutta la sua sobria solennità: Joannes est nomen eius.

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