Piazza San Giustino: resti di vasellame e ossa animali dalla cisterna romana rinvenuta davanti la sede storica del Municipio
Ossa di animali e resti di vasellame ed intonaci. E’ quanto sta emergendo a piazza San Giustino dalle prime valutazioni degli archeologi impegnati nel progressivo svuotamento da terra e detriti della cisterna romana rinvenuta venerdì scorso, a pochi centimetri del piano di calpestio, nella porzione di piazza alla quale in questi giorni si stanno estendendo i sondaggi di archeologia preventiva per legge necessari nei siti oggetto di appalti pubblici. Stamani summit in loco tra gli architetti Gianfranco Scatigna e Maria Cicchitti, dello staff di progettazione dei lavori di riqualificazione del sito, e gli archeologi Paola Riccitelli e Serafino Lorenzo Guerrieri. A rallentare le ricognizioni un accumulo di acqua piovana [ma da accertare se non vi siano anche infiltrazioni dovute a perdite prodotte dalla vicina condotta che serve i bagni pubblici] che renderà verosimilmente necessario l’impiego di una idrovora. Difficile allo stato ipotizzare la profondità dell’ambiente ipogeo, anche tenuto conto dell’abbattimento della volta determinato dai livellamenti della piazza succedutisi nel corso dei secoli.
Come dalle prime ipotesi licenziate su queste colonne, le dimensioni relativamente ridotte del reperto farebbero pensare ad un impianto per così dire domestico, segno questo dell’urbanizzazione ormai certa dell’area in epoca augustea. Non è però da escludere che la cisterna possa far parte di un complesso più esteso, come quello rinvenuto appena di fronte la scalinata di accesso alla basilica superiore. Ma allo stato mancano elementi sinergici, ossia attigui reperti della stessa tipologia e individuazione dei varchi di collegamento fra eventuali camere di raccolta, per suffragare la congettura. Il materiale fittile di riempimento pare risalga al periodo medioevale [intorno al XIII sec.] ma anche qui si attendono le risultanze ufficiali sulle quali dovrà pronunziarsi il funzionario archeologo della Soprintendenza Rosanna Tuteri, responsabile scientifica dell’intero scavo. Si approfondiscono accertamenti stratigrafici anche nella zona sedimentaria circostante che tuttavia, alla quota dove ormai è incassata la parte terminale della cisterna romana, dovrebbe essere espressione di un banco geologico, questo il parere degli archeologi, il quale difficilmente si pensa possa rilasciare sorprese eclatanti.
Di sorpresa importante, anche se non eclatante per via, si disse, della possibilità di essere stata espressione di un riempimento postumo, si parlò invece nel dicembre 2020 allorquando, a pochi metri dal basamento del campanile, venne rinvenuta in ottimo stato di conservazione la da subito ribattezzata Venere Teatina, una stupenda testina romana raffigurante figura femminile, in marmo greco [I sec. d.C.]. Ebbene, quella testina, che sembrava dover essere ascritta ai rinvenimenti sì importanti ma non “clamorosi” [la sfumatura, colta a suo tempo nelle pieghe dei commenti ufficiali, potrebbe impattare sull'anamnesi dell'intero sito], diventa, evidentemente, addirittura di epocale portata, tanto da indurre il Comune ad eleggerla, nel corso della conferenza stampa tenuta sempre stamani dal Sindaco Diego Ferrara alla pinacoteca Barbella, a simbolo estetico-culturale del nuovo logo municipale. “La Venere”, si legge nella brochure allestita dalla agenzia creativa Mirus che ha curato l’intero progetto della ‘nuova brand identity per Chieti’, “è stata ridisegnata con un outline monocromatico rosso che evidenzia con linee sinuose il delicato volto della divinità romana associata ad un ideale di bellezza senza tempo”.
Ed ancora: “Il valore artistico e simbolico del pregiato reperto rimanda incontrovertibilmente alla bellezza … e così la Venere diviene una icona di Chieti, capace di evocare storia, arte e bellezza, come sottolineato dallo stesso payoff [frase esplicativa di un marchio o di un logo, nda] che l’accompagna: Chieti, bella da sempre”. “Abbiamo voluto rendere omaggio”, hanno spiegato il primo cittadino Diego Ferrara ed il suo vice ed assessore alla Cultura Paolo De Cesare, “ad un simbolo della bellezza che appartiene alla Città e che ci accompagnerà nel nostro mandato”. Bene. Speriamo che, anche col concorso finanziario del tesoretto di 353.000 per ribassi d’asta sbloccato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si possa ora adeguatamente valorizzare [in un spazio espositivo ad hoc?] questa superlativa icona alla bellezza della nobile Teate. Bella da sempre!