Edmondo Savelli, a Volterra donazione di due opere dell'artista adottivo di Chieti. Pronto un progetto per la pinacoteca Barbella
Volterra rende omaggio ad Edmondo Savelli [Firenze, 5 settembre 1916 - Chieti, 18 luglio 2008], pittore ed affreschista, toscano di origine e teatino d’adozione. Giovedì 7 luglio, cerimonia di donazione di due opere [Maternità, 1970, e Sogno di Libertà, 1992] del Maestro al Comune etrusco, una iniziativa voluta dalla famiglia Savelli nel segno del forte legame che ha sempre distinto i rapporti tra l’Artista e la sua Terra d’origine. Ma che è prospettica di analoga possibilità per la municipalità di Chieti.
Nella nostra città, infatti, Edmondo Savelli città si trasferì nel 1962 per dedicarsi all’insegnamento di Decorazione Pittorica e Storia dell’Arte e, dunque, con Teate si affermò il secondo filone identitario, umano ed artistico, della sua vita. “Certamente”, dice Roberta, figlia d’arte [docente in lettere, critico, poetessa e scrittrice], “papà instaurò una collaudata empatia con Chieti, dopo Volterra e Macerata le vicende della vita lo portarono qui, affascinato, anche dal punto di vista dell’espressione artistica, dalla bellezza del territorio e dalla vicinanza del mare e della Maiella, ecco, nel varare questa idea della donazione di alcune sue opere abbiamo iniziato dai suoi luoghi di origine ma intendiamo quanto prima approdare, con un altrettanto sentito segno di affetto e riconoscenza, a Chieti”.
A breve la professoressa Roberta Savelli [tra i suoi ultimi lavori: “Io, l'amante” -pensieri segreti della ‘puta’ che amò un principe e posò per un genio-, Rupe Mutevoli Edizioni], formalizzerà la sua offerta di donazione di alcuni lavori del suo illustre genitore anche al museo-pinacoteca Costantino Barbella. Artista di solidissime basi tecniche e culturali di tradizione classica, Edmondo Savelli, nato da una famiglia piccolo-borghese ed ultimo di tre figli, sperimentò diverse fasi pittoriche con assoluta libertà di pensiero, senza mai piegarsi a facili mode. Nei suoi dipinti ed affreschi si scorge l’influenza, affatto invadente, del modernismo e del futurismo. Le sue note personali lo accreditano della bontà formativa della scuola fiorentina di Ottone Rosai, Primo Conti e Gianni Vagnetti del quale diverrà giovanissimo assistente. Impostosi alle attenzioni della critica con "Il Ponte del Calderaio a Fiesole” [1930], nel 1936 partecipa, su invito, alla XIV Triennale delle Arti di Milano. Nel 1937 realizza un poderoso affresco di 12 metri, purtroppo andato perduto [restano alcuni bozzetti e disegni preparatori] per il Teatro G.I.L. a Firenze, edificio abbattuto nel 1976. Nel 1939 è la volta del mosaico (metri 6 x 4) per il Teatro delle Arti a Roma che anticipa l’affresco del 1940 (metri 8 x 4) per l'Aula Magna dell'Istituto d'Arte di Volterra. Nel 1943, il sottotenente Edmondo Savelli, distintosi in A.O. [località El-Adem, a 24 km a sud di Tobruk, Libia] ove venne decorato con la croce di guerra, riceve l'invito alla Biennale di Venezia mentre era prigioniero a Bopal [India], invito rinnovato e accettato nel 1948. Dopo la fine del conflitto riprese la sua attività con mostre e personali. Tra i suoi allori di maggior respiro val la pena di ricordare la partecipazione, sempre su invito, all'esposizione "Cinquante peintres italiens d'aujourd'hui " [Parigi, Gallerie La Boettie 23 maggio-23 giugno 1951]. Nella prestigiosa rassegna il suo nome comparirà insieme a quelli dei maestri Guttuso, Purificato e Sassu. Edmondo Savelli si spense nella “sua” adottiva Chieti il 18 luglio 2008.