Un'antica soglia con cardine spunta alla villa comunale, l'assetto ottocentesco del parco nelle parole di Vincenzo Zecca e nelle foto d'epoca
È lì da tempo, chissà da quanto. E da dove. Eppur sembrerebbe autoctona. Per collocazione e possibili funzioni. Un reperto, dunque, verosimilmente “non casuale ma causale” come ci conferma la professoressa Marida De Menna, archeologa e cultrice di storia locale, alla quale abbiamo mostrato il rinvenimento. Parliamo di una soglia di modeste dimensioni, recante il cardine di una porta, riaffiorata dal fogliame di deposito in piena Villa Comunale, a margine della cappella-edicola eretta nel 1959 e dedicata alla Vergine Maria in ricordo degli anni mariani 1954-1958. Una testimonianza più vicina al dettaglio scientifico che alla scoperta epocale in senso stretto. Ma si sa. In archeologia i particolari a volte aprono scenari impensabili. La soglia, che evidenzia anche l’incisione di due caratteri alfabetici di rozza fattura, è intersecata dal massetto in pietre che contiene l’asperità del secondo padiglione del parco dell’ex Villa Nolli. Non è dato sapere o desumerne l’estensione sotto il terrapieno alla cui sommità si scorgono i resti di un crollo di quella che appare una grossa fioriera in pietra scalpellata, la cui collocazione -a margine della scalinata che porta ai livelli superiori della Villa- resta un mistero, poiché non v’è traccia di analogo, simmetrico manufatto dall’altro lato delle scale.
Poco più in là l’ex Ospedale Militare che nel 1871 trasformò le vicende del Convento Sant’Andrea degli Zoccolanti [1420]: da struttura religiosa a presidio della Sanità in stellette dipendente dal IX Corpo d’Armata di stanza a Bari. L’interruzione non traumatica del reperto verso il viale principale della Villa farebbe pensare, fra le varie ipotesi, a ciò che resta di un varco d’accesso proprio al comprensorio dell’ex Convento che, ricordiamo, insiste su un diverticolo, risalente dalla costa della odierna Via Quarantotti, della strada Consolare Tiburtina-Valeria. I primi rilievi fotografici del sito, risalenti a fine ‘800, non evidenziano in quel punto resti di costruzioni pregresse. Segno che eventuali alterazioni di quegli spazi potrebbero collocarsi in epoche precedenti. Ne consegue la massima cautela nella datazione della soglia. Ma il cardine è compatibile con analoghi modelli, rinvenuti in Piazza San Giustino negli appena conclusi saggi di archeologia preventiva. “Dall’epoca imperiale, e secondo tale congettura saremmo intorno al I secolo d.C., all’alto medioevo”, spiega De Menna, “il sistema di accesso a cardine in luoghi coperti o recintati rappresenta una soluzione che poi si è nel tempo perfezionata ed evoluta”. Valida anche la supposizione dell’esistenza in loco di un manufatto periferico, forse di pertinenza a strutture rurali rispetto alla estensione del nucleo abitato della città romana. Od anche di una costruzione attinente ai culti funerari. Infine, residuale ma possibile, la spiegazione del “parcheggio” della soglia, in quello che sarebbe divenuto il polmone verde di Chieti, unitamente ad altri reperti, tra cui colonne, capitelli e parti decorative, rinvenuti in altre zone della città a seguito di lavori di urbanizzazione a partire dal 1800. Di certo la Villa Comunale di Chieti, realizzata a fine XIX secolo riunendo le proprietà delle famiglie nobiliari Nolli e Frigerj, non è nuova a ritrovamenti eccellenti, anche di epoca marrucina. Ne parla Vincenzo Zecca nel suo “Dalla Maiella a Chieti -Escursione Paletnologica” [1891, dai Quaderni del Rotary 2001-2002 a cura di Teresio Cocco]. Ne estraiamo alcuni passi: “…Dalla Civitella siamo tratti dalla vicina passeggiata di S. Andrea, che ci lascia esclamare con l’Alighieri: Ma qui la morta poesia risurga! A destra lussureggia la villa Nolli, oggi Adami … e giù in fondo al viale si riposa sulla bruna e gigantesca mole della Maiella ..., nel culmine della passeggiata il biancheggiante edificio dell’istituto tecnico [Villa Frigerj, oggi sede dell’omonimo Manda -museo archeologico nazionale d’Abruzzo-] le cui linee eleganti fan da contrasto con quelle assai modeste del vicino ospedale militare, già chiostro francescano, ed al di sotto una marmorea fontana spingerà in alto i suoi zampilli, affrettando il momento di vedersi coronata dalle aiuole della pubblica villa in costruzione. Ancora pochi altri passi, e nel nuovo piazzale destinato per la musica [l’area che attualmente si sviluppa dietro gli archetti, per anni ingentilita da una “cassarmonica” come documentato in diverse foto ottocentesche, ndc] … alcune tombe … retrospingono il pensiero all’epoca preromana”.
Lo stesso Zecca, su la “Provincia di Chieti” del 21 dicembre 1896, scriveva che nella zona sud-est del campo “Civitella”, presso la casina Mezzanotte, “…precisamente nel sito conosciuto da tempo immemorabile sotto la denominazione Pietra grossa [caratterizzato dalla presenza di un enorme monolite funerario sull’esempio della necropoli vestina di Fossa -AQ-, ndc], le dirotte acque del mese di ottobre misero allo scoperto …, accanto al muro di cinta della odierna villa comunale, una tomba a solco, senza rivestimento di sorta ed orientata verso est contenete uno scheletro in giacitura normale che trovasi ora depositato in municipio…”. Lo Zecca si convinse che le caratteristiche del corredo funerario dell’inumato, tra cui recipienti in bronzo ed una grossa olla in argilla, resti di una spada in ferro e la cuspide di una lancia anch’essa in ferro, accreditassero la natura “di un sepolcro non comune”, laddove “in quelle armi è ravvisabile un’altra testimonianza della fierezza del carattere de’ Marrucini …”. Tornando alla soglia con cardine riaffiorata a fianco alla cappella mariana, il reperto potrebbe aprire a nuove letture dell’assetto della Villa Comunale, contribuendo ad una più accurata sintesi delle conoscenze di uno dei luoghi cult della storia cittadina.