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Pillola abortiva meglio in ospedale che in consultorio: esplode la polemica sull'indicazione della Regione

La consigliera del Movimento 5 stelle Marcozzi accusa l'assessore Verì di complicare l'accesso all'interruzione farmacologica di gravidanza

Scoppia la polemica sulla circolare inviata dalla Regione alle Asl, con l'indicazione di preferire l'ospedale, anziché il consultorio, per l'interruzione farmacologica di gravidanza, tramite la pillola abortiva Ru486.

Contro l'assessore alla Sanità Nicoletta Verì si scaglia la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Sara Marcozzi: "L'assessore - accusa - pensa di aiutare le donne nel già difficile percorso di scelta dell'interruzione di gravidanza complicando l'accesso al relativo farmaco. Dalla sua nota, emerge la gravità assoluta della situazione in cui versano i consultori sul nostro territorio regionale. Visto che è l'assessore stesso ad ammettere, di fatto, che queste strutture non sono nelle condizioni per poter dare il necessario supporto a livello socio-sanitario alle donne in un momento quantomai delicato della propria vita, dovrebbe avere il buongusto di dimettersi immediatamente. È inaccettabile che le conseguenze delle disfunzioni del Sistema Sanitario siano pagate dai cittadini, anche nel momento di massima fragilità, mentre la politica cerca scappatoie di ogni tipo”.

“Ci sono state battaglie decennali – continua – in nome dei diritti e delle libere scelte delle donne, eppure sembra che in Regione Abruzzo, nascondendosi dietro alla formula della 'forte raccomandazione', invece di fare passi in avanti si provi a tornare indietro. Se l'Assessore non è in grado di difenderne le prerogative e di proteggerle nelle situazioni in cui c'è maggiore bisogno di aiuto e sostegno, lo dica subito e torni a casa invece di mettere nuovi e potenziali ostacoli”.

Marcozzi si rivolge poi al presidente Marco Marsilio invitandolo "a guardare con più attenzione a ciò succede in Abruzzo. Non sarà la sua regione, eppure, volente o nolente, la amministra. Abbiamo Asl che fanno acqua da tutte le parti, e le nostre denunce quotidiane sono lì a dimostrarlo: smetta di fare propaganda contro il governo nazionale e inizi a trovare qualche soluzione dopo due anni di niente”, conclude la capogruppo pentastellata.

Polemica anche dalle Conferenza delle Democratiche abruzzesi, che ha approvato un documento che accusa: “Ci troviamo di fronte ad una torsione del discorso pubblico intorno al corpo delle donne che temiamo possa avvitarsi pericolosamente su se stesso.  Dopo l’Umbria e le Marche, quindi, anche l’Abruzzo a guida centrodestra prova a schierarsi contro il nuovo protocollo del ministero della Salute sull’aborto farmacologico che ha autorizzato la somministrazione della pillola Ru486 pure nei consultori”.

Le Democratiche abruzzesi scrivono che “con la scusa del ‘benessere della donna’ quello che temiamo è il tentativo di forzare la mano, per motivi ideologici e politici, su questioni di etica pubblica, attraverso forme più o meno evidenti di criminalizzazione (ed evidentemente di ‘contenimento sanitario’) dell’aborto come atto di libertà sul proprio corpo e sulla propria biografia, in un panorama in cui sembrano riemergere alcune forme di nostalgia per un passato governato da certezze patriarcali e sovraniste, che incidono ancora una volta sui corpi delle donne. L’assessora Verì si preoccupi dello stato in cui versano i consultori, presidi di cura, civiltà, cittadinanza attiva, prevenzione, informazione e condivisione che, se magari meglio sostenuti nelle proprie attività, potrebbero portare avanti temi come l’educazione alla sessualità e all’affettività fra le giovani generazioni, l’incentivo all’uso corretto dei metodi di contraccezione e di tutela dalle malattie sessualmente trasmissibili, l’ascolto attivo e partecipato di malesseri emotivi ed esistenziali che oggi più che mai risentono negativamente dell’assenza di luoghi di accoglienza, aperti e inclusivi in cui sentirsi accompagnati nelle varie fasi della vita”.

“Proviamo in ultimo a ricordare – scrivono anche le Democratiche abruzzesi - come l’interruzione volontaria di gravidanza (quindi anche quella farmacologica) sia inclusa nei Lea, i livelli essenziali assistenziali, che devono essere garantiti a tutti i cittadini e a tutte le cittadine in tutto il Paese, nelle forme in cui le leggi (e quindi anche le nuove Linee Guida istituite dal Ministero della salute) lo consentono. Ribadiamo con forza che da anni le associazioni per la salute della donna e le società scientifiche chiedono un rilancio della legge 194, chiedendo il rafforzamento della rete dei consultori, da anni sotto finanziati e a corto di personale, ma anche una maggiore centralità sui temi della legge a partire dall’informazione sulla contraccezione, inclusa quella d’emergenza, per migliorare l’informazione, soprattutto per le giovanissime e le cittadine straniere.  Proviamo a parlare di questo, non di confinare il corpo delle donne ad un controllo e confinamento non solo fisico, ma anche esistenziale”.

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