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Province e mancata conversione del decreto, il Pd: "Non ci stupisce"

Grave la mancata conversione in legge per il gruppo provinciale

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ChietiToday

"La notizia che il decreto legge di riordino delle province non è stato convertito non ci meraviglia affatto. La cosa era nell’aria da tempo e non ci soddisfa anzi ci preoccupa.

Dopo una lunghissima campagna mediatica di delegittimazione pareva che, con il decreto di riordino, si fissassero i principi dell’utilità, della chiarezza di alcune funzioni cui potevano aggiungersene altre, della permanenza di questo ente nei livelli istituzionali. Rimaneva ancora da risolvere il problema del superamento del sistema elettorale inserito dall’articolo 23 del decreto Salva Italia, su cui pende il giudizio di merito presso la Corte Costituzionale, che demanda ai consigli comunali l’elezione dei nuovi organismi delle province.

Su questo aspetto è la Politica che deve recuperare un ruolo di guida e di sintesi conferendo ai cittadini elettori il diritto di scelta dei propri governanti come ogni altro livello istituzionale.

Condividiamo l’allarme lanciato dal presidente dell’Unione delle Province Abruzzesi, Enrico Di Giuseppantonio, del rischio caos che deriverà se, nel frattempo, non si trovi una norma ponte per dare continuità nell’erogazione di servizi essenziali forniti dalle province, come manutenzione strade e scuole, dell’azione di coordinamento in materia di ambiente, acqua, rifiuti e di urbanistica proprie dell’ente di area vasta. Quello che è successo in Abruzzo è la risultante sì della troppa fretta dei tempi imposti dal decreto ma, soprattutto, dall’evidente malgoverno del centro/destra che ancora governa la filiera istituzionale delle province, della regione e di tre comuni capoluogo su quattro.

Per il futuro è evidente che il discorso di un riordino complessivo dei livelli istituzionali va ripreso per razionalizzare e rendere efficiente la spesa pubblica, ottimizzare i servizi verso i cittadini, ridare potere decisionale agli elettori, riconferire autorevolezza e credibilità a chi è preposto al governo e gestione di comuni, province, regioni, parlamento nazionale.

Questa riorganizzazione deve contestualizzarsi con una forte ed evidente riduzione di enti e consorzi inutili che, troppo spesso, sono fonte di spreco e di funzioni doppie rispetto alle istituzioni che le emanano. Il cantiere ormai è stato aperto ed indietro non si torna. Il compito di portare a compimento il lavoro avviato, pur con doverosi ed incisivi correttivi, spetterà al nuovo parlamento ed al governo che ne uscirà.”  

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