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Elezioni comunali 2020

"Di Stefano non può usare il simbolo di Forza Italia": esposto al prefetto e alla Digos

A presentarlo i candidati della lista Forza Chieti che raggruppa diversi consiglieri comunali del partito di Berlusconi

Dopo l'invito del candidato sindaco Bruno Di Iorio a togliere il simbolo di Forza Italia dai manifesti del candidato del centrodestra Fabrizio Di Stefano "per non generare una pubblicità ingannevole nei confronti degli elettori", scatta l'esposto al prefetto di Chieti e alla Digos.

A presentarlo, questa mattina, i candidati al Consiglio comunale per la lista “Forza Chieti” Emiliano Vitale, Maura Micomonaco, Stefano Costa e Marco D'Ingiullo che accusano il candidato sindaco Fabrizio Di Stefano di aver utilizzato impropriamente nei suoi manifesti il simbolo di Forza Italia "nonostante non sia stato firmato nessun accordo elettorale, il simbolo del movimento politico non sia stato depositato al momento della presentazione delle liste e di conseguenza non risulta sia stato autorizzato l’utilizzo e il deposito in favore dello stesso Di Stefano".

Adesso prefettura e uffici della Digos potranno disporre accertamenti, volti a valutare eventuali profili d'illiceità o illegittimità e, nel caso, prendere provvedimenti.

“Riteniamo scorretto – dichiarano i sostenitori di Bruno Di Iorio – che Di Stefano stia utilizzando, per le proprie attività elettorali, il simbolo e la denominazione del contrassegno Forza Italia che fa bella mostra su manifesti e materiali promozionali. Di Stefano non può continuare a sostenere che al suo fianco ci sia il centrodestra compatto perché non è affatto così e gli atti lo dimostrano in modo inequivocabile, peraltro ci sono liste civiche riconducibili a personaggi politici che nelle scorse comunali e nelle recenti regionali hanno corso per il centrosinistra. E continuando a parlare anche a nome di Forza Italia e dei suoi rappresentati commette una scorrettezza clamorosa. Ci auguriamo - concludono i candidati di Forza Chieti - che siano attuati urgentemente provvedimenti di censura da parte degli organi competenti”.

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