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Decreto Salva Italia, la corte costituzionale non decide: è il caos

D’Amico: "Si apra un tavolo di confronto su riorganizzazione e territorio". E su Chieti con Pescara: "Il territorio non può essere dimenticato e spogliato dei servizi essenziali al cittadino utente"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ChietiToday

Il rinvio della decisione sulla legittimità costituzionale sul disposto dell’articolo 23 del decreto Salva Italia è il segno che ormai aleggia confusione e caos.

In meno di un anno ben tre decreti hanno interessato le province, uno i comuni ed un disegno di legge costituzionale le regioni. È più che mai opportuno a questo punto rinviare tutto alla prossima legislatura. Le riforme istituzionali non si possono fare a pezzi ma in maniera complessiva. Ogni livello istituzionale, questo è tacito, deve avere un sistema di legittimazione democratica con voto popolare.

Le province invece sono state vessate, mortificate, delegittimate da una scandalosa campagna mediatica e populista che ne hanno fatto, all’occhio della pubblica opinione, un ente inutile e costoso, al contrario di quello che possono rappresentare veramente nella realtà. Questo non vuol dire non riordinare con fusioni ed accorpamenti, con ridefinizione ruoli e competenze, però è necessario mantenere forte legittimazione che solo il consenso diretto e popolare può assicurare, altrimenti meglio cancellale.

Bisognerebbe altresì avere coraggio di procedere ad un totale ridimensionamento degli enti e dei consorzi inutili, con funzioni doppie, amministrati da nominati e non da eletti.

A questo punto sarebbe veramente utile che il parlamento formulasse una norma transitoria che mantenesse in vita sino alla loro scadenza naturale, riducendo la giunta, le attuali amministrazioni provinciali, che dettasse precise norme per il riordino in tempi certi sulla base di accordi vincolanti tra i territori senza definire a priori ruoli e competenze, come il caso Chieti e Pescara che trova notevoli resistenze tra i Teatini per fatto che Pescara, pur non godendo dei requisiti normativi, godrebbe del ruolo di comune capoluogo: il territorio non può essere dimenticato e spogliato dei servizi essenziali al cittadino utente.

Per questa ragione sarebbe bene ora istituire un tavolo attivo per aprire al dibattito su riorganizzazione e territorio    
 

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