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Chieti nuova 3 febbraio: lettera aperta ai cittadini di Chieti

A ventuno anni dall'emersione della tangentopoli teatina lettera ai cittadini dell'associazione Chieti nuova 3 febbraio. La pubblichiamo integralmente

A ventuno anni di distanza dalla emersione della tangentopoli teatina con l’arresto di Sindaco e Giunta, il 2 febbraio 1993, la città di Chieti ha ancora e sempre bisogno di un’autentica rivoluzione morale e di una genuina battaglia culturale, ispirate ai principi della Costituzione, per squarciare le nebbie dell’apparenza, per rifiutare l’opportunismo e il clientelismo, per fare i conti con il proprio passato, per conquistare la consapevolezza di sé e la capacità di progettare il futuro.

Per anni, il tentativo di ridimensionare la gravità delle vicende passate e addirittura di rimuoverle è stato usato strumentalmente da parte di coloro che tendono a perpetuare nei cittadini un costume fondato sull’accettazione supina e sulla delega. Anche la definizione di Chieti come “città camomilla per la mancanza di masse facili alla irrequietezza”, coniata da A. M. Perbellini, giornalista del quotidiano “Il Resto del Carlino”, inviato, nel 1926, a Chieti, per il processo Matteotti, è stata usata strumentalmente come  pretesto dietro cui nascondere consolidati pregiudizi e biechi interessi.

A volte, la città ha mostrato la volontà di risveglio e di rinnovamento civico: nel 1993, raccogliendo 12.000 firme per lo scioglimento del Consiglio Comunale, nel 2006, con la vittoria del NO al referendum Costituzionale, nel 2011, con il referendum sull’acqua. Tra il 1885  e il 1920, Chieti ha avuto una straordinaria stagione satirica con la produzione di giornali e vignette, conservati (?) nella Biblioteca  “A. C. De Meis” e una eccezionale fioritura di  botteghe artigiane.

La città, anche oggi, è ricca di forze, energie, risorse, potenzialità in ogni settore della società. Tuttavia, la grave crisi locale e nazionale, morale e politica, culturale ed istituzionale, sociale ed economica, ha inciso anche sulla perdita del lavoro e dei diritti, sul diminuito potere di acquisto dei salari, sull’aumento delle tasse e dei prezzi. La diffusione ventennale di modelli culturali basati sul denaro e sul profitto, la disinformazione e la manipolazione del consenso, la mistificazione della realtà, la corruzione e la diffusione sistematica delle illegalità grandi e piccole, hanno provocato disillusioni, sfiducia e impotenza, rassegnazione e indifferenza, spingendo il cittadino a cercare protezione in gruppi creati sulla base di interessi personali e ad assumere una posizione di subordinazione psicologica, morale e sociale nei confronti dei potenti.

Inoltre, nel corso degli anni, scelte discutibili e contraddittorie, rivelatesi poco lungimiranti, o addirittura “non scelte” sono state operate da classi dirigenti spesso prive di sensibilità culturale e politica, non sempre convinte di dover condividere gli ideali che danno vita alla Costituzione e alla Repubblica democratica, ma pronte a confondere il pubblico con il privato (v. il simbolo “Di Più per Chieti”, che compare come logo accanto al simbolo ufficiale del Comune!!!), la sostanza con la forma, il vero con il falso: hanno desertificato la città, messo in crisi profonda il commercio, con la proliferazione dei centri commerciali (Megalò 1 e 2,3) anche in aree a rischio, cancellato quasi l’area industriale, non bonificando né valorizzando i siti abbandonati, trascurato l’esistente (v. edifici vuoti di proprietà del Comune e non), non risanando il patrimonio edilizio degradato, non contribuendo a risolvere il problema della Biblioteca provinciale “A. C. De Meis”, (cosa ne sarà del vecchio sito attualmente in completo degrado?), privilegiato progetti faraonici (come prima, della pista da sci e del tunnel, attualmente si favoleggia di una funivia e di una fontana a piazza Valignani), invece che curare le periferie e dotarle di biblioteche e di campi sportivi. Non si parla più né di Casa della Cultura con sala conferenze per le associazioni né di Consigli di quartiere né di altri pressanti problemi.

Convinti che il bene comune dipende dall’impegno costruttivo di ciascuno di noi, invitiamo la città ad avere il coraggio di guardarsi allo specchio e di farsi essa stessa oggetto di discussione, per riconquistare la propria identità, intesa non come dato fisso e immutabile, ma come “processo che vive e si sviluppa nella molteplicità delle esperienze storiche”

Solo così, si potrà ripartire!

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