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Febbo e Rapino si scontrano sugli assessori regionali indagati

"I nostri sospetti erano fondati", dice il consiglieri di Forza Italia. Ma il segretario del Pd replica: "Finora si conoscono solo indiscrezioni di stampa e l'ipotesi di reato è relativa al numero legale"

"I nostri sospetti erano più che fondati". Così il presidente della commissione di vigilanza Mauro Febbo commenta la notizia dell'indagine a carico degli assessori regionali Dino Pepe, Silvio Paolucci e Marinella Sclocco, in merito alla delibera per i lavori di riqualificazione del parco di Villa delle Rose, a Lanciano.

Dopo l'approvazione della delibera finita nel mirino della magistratura aquilana, la numero 367 del 3 giugno 2016, lo stesso Febbo, insieme all'onorevole Fabrizio Di Stefano e all'allora candidato sindaco di Lanciano, oggi consigliere di opposizione, Enrico D'Amico, il 16 giugno indisse una conferenza stampa "per denunciare il contenuto di una delibera di giunta regionale in cui, di fatto, non vi era né il parere di bilancio, né l'impegno di spesa. Ma, cosa più grave, il progetto del Central Park era demandato al direttore generale per la cantierabilità". "Si era voluto sottolineare - puntualizza Febbo - un vizio legislativo e amministrativo riscontrato in quel provvedimento, così come era stato fatto in tante altre precedenti occasioni, dal sottoscritto".

A stretto giro arriva a Febbo la replica del segretario del Partito Democratico Abruzzo, Marco Rapino, il quale precisa che "finora delle indagini si hanno solo indiscrezioni di stampa e con esse le interpretazioni politiche di Febbo. Sappiamo, invece, che l'ipotesi di indagine è legata alle presenze in giunta e al raggiungimento del numero legale durante l'approvazione della delibera sui lavori di riqualificazione del Parco delle Rose. Una ipotesi di reato quindi relativa alle presenze in giunta e al numero legale raggiunto". 

"Se Febbo ha fonti diverse - prosegue - frutto di fughe di notizie interessate a fare confusione, ci sarebbe da meravigliarsi e non poco, e su questo sarà il Pd a chiedere eventuali chiarimenti. Sta di fatto che come Partito Democratico abbiamo sempre mantenuto un atteggiamento costruttivo, aperto e garantista, verso chiunque. I fatti ci hanno dato molto spesso regione, tanto che molte iniziative e inchieste della pubblica accusa si sono rivelate  alla luce delle prove, solo ipotesi di indagini smentite dai fatti". 

"Quindi la magistratura indaghi e faccia chiarezza - conclude Rapino - troverà gli esponenti del Pd pronti ad ogni chiarimento, mentre il consigliere Mauro Febbo, se può stia ai fatti nel bene anche di un minimo di cultura giuridica verso la quale il Pd ha dedicato con impegno e in modo limpido la sua storia istituzionale". 

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