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Il bilancio 2018 della Regione è illegittimo, l'ex governatore D'Alfonso: "Nuova legge per spalmare i debiti"

il senatore abruzzese chiede una nuova legge nazionale che permetta a Regioni e Comuni di rientrare nei debiti "ereditati"

"Fare fronte comune perché si arrivi a una nuova legge nazionale che permetta a Regioni e Comuni di rientrare nei debiti "ereditati": ai cittadini non possono essere tolti i fondamentali".

Sono le parole di Luciano D'Alfonso che lancia la sfida e l'invito alla giunta regionale e raccoglie allo stesso tempo a seguito della sentenza 235 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il bilancio 2018 della Regione Abruzzo. Bilancio che, in forze della legge dello Stato 205 del 2017, ha spalmato il debito in vent'anni: un tempo troppo lungo ha detto la Corte.

Sul tema D'Alfonso questa mattina ha tenuto una conferenza stampa insieme al capogruppo regionale del Pd Silvio Paolucci, ponendo un tema etico e filosofico che è alla base della problematica. Un tema che ha però importanti ricadute nella vita dei cittadini: quello dei diritti. Se da una parte infatti la Corte, ha spiegato D'Alfonso, ha motivato la sentenza affermando che non si possono lasciare debiti così ingenti alle generazioni future, dall'altra oggi il senatore ha sostenuto come non permettere di dilatare i debiti vuol dire chiedere alle attuali generazioni di rinunciare ai loro diritti e di avere una più scarsa qualità della vita.

Quel "fronte comune" cui ha fatto riferimento, è dunque rivolto non solo alla Regione Abruzzo che è solo la prima su cui si abbatterà la sentenza, ha spiegato ancora D'Alfonso, dato che, a quella legge dello Stato "che l'allora ministro Padoan venne a consegnarci a Chieti e che noi abbiamo utilizzato". Alla 205 sono infatti ricorse anche altre Regioni come il Lazio e il Piemonte, nonché grandi città come Roma, Napoli e Torino. Debiti "ereditati" e non "prodotti" ha più volte sottolineato il senatore, che per l'Abruzzo sono arrivati nel decennio precedente al suo Governo regionale e che, proprio in forze di quella legge dello Stato, ha consentito alla sua amministrazione di restituire 300 dei 700 milioni di debito in cinque anni, nonché di uscire dal Commissariamento della Sanità con Paolucci assessore regionale.

D'Alfonso ha quindi sottolineato quanto, proprio in termini di giustizia costituzionale, Pescara abbia dalla sua un trascorso importante allorquando l'allora giudice del Tar di Pescara Massimiliano Balloriani accolse il ricorso dei genitori di un ragazzo disabile nei confronti della Provincia che, per mancanza di risorse, non poteva garantire il trasporto scolastico, affermando dunque che i diritti fondamentali prevalgono sulla sanezza dei bilanci, incassando poi, ha riferito, il parere positivo della Suprema Corte. "In ragione di questo- ha detto ancora il senatore- dobbiamo trovare un'agibilità contabile per risanare in un numero di anni congruo il debito, senza che ci si chieda di negare i diritti fondamentali" potendo dunque investire per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Tutti, in questa intricata vicenda, hanno dunque delle ragioni, ma sui diritti D'Alfonso è irremovibile ecco perché l'obiettivo è quello di lavorare insieme, Regione inclusa, per centrare l'obiettivo: avere una nuova legge che permetta di spalmare i debiti "non prodotti, ma ereditati".

"Ci siamo riusciti nel 2017- ha concluso- Io ho già sollevato questo problema con la ragioneria dello Stato, il Mef e la segreteria delle Regioni. Coprire un debito in 24-36 mesi, vuol dire uccidere i diritti fondamentali. Adesso dobbiamo ricominciare a far questo lavoro. La nostra parte la faremo per tutte le Regioni e i Comuni che hanno ereditato questo grande affanno finanziario, così come è accaduto a noi".

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