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Chiuso l'arbitrato internazionale per Ombrina Mare, la Rockhopper chiede 250 milioni di danni: la decisione attesa per settembre

La società inglese aveva acquistato la piattaforma petrolifera per le trivellazioni nel mare Adriatico. D'Orsogna: "Battaglia giusta per salvare la costa teatina"

Si sono concluse lo scorso 25 aprile le discussioni sull’arbitrato internazionale per la piattaforma Ombrina Mare, che avrebbe dovuto sorgere al largo della Costa dei trabocchi. A renderlo noto è la società inglese Rockhopper Exploration, che avrebbe dovuto sfruttare il giacimento petrolifero e che adesso chiede 250 milioni di danni al governo italiano. L’annuncio della decisione finale sarà dato entro 120 giorni, cioè entro il prossimo settembre.

“Non sappiamo come finirà questa storia infinita”, commenta la docente universitaria Maria Rita D'Orsogna, uno dei punti di riferimenti in Abruzzo nella battaglia contro le trivelle, “ma comunque vada tre cose sono certe: uno, la costa teatina libera dalle trivelle di Ombrina Mare e del mostro desolforante non ha prezzo; due, l’Italia dovrebbe essere premiata per aver ascoltato i suoi cittadini in quasi dieci anni di sacrosante battaglie per salvare l’Abruzzo dalle trivelle; tre, questo arbitrato è stato condotto in un modo osceno, in segretezza, senza trasparenza, rendendo impossibile aver fiducia nell’imparzialità del processo. Addirittura uno dei triumviri, Charles Poncet, ha lavorato per anni come consulente legale per i petrolieri. È bene ricordare che la Rockhopper pagò circa 30 milioni di dollari per l'acquisto di Ombrina, e adesso chiedono almeno 250 milioni di "danni", una cifra davvero spropositata. Pare che se vincono useranno quei soldi (del governo italiano) per trivellare le isole Falkland”.

La sede della Rockhopper Exploration è a Salisbury, nel Regno Unito. “Lo scorso 18 maggio un gruppo di attivisti è sceso in piazza a protestare contro la Rockhopper Exploration in solidarietà all'Abruzzo e per denunciare tutti gli arbitrati internazionali in materia d’energia”, continua D'Orsogna, “Ombrina infatti purtroppo non è una anomalia, visto che tutti gli arbitrati sono condotti in opacità e a porte chiuse. Nick Dearden è il direttore del gruppo non-profit Global Justice Now e ha ricordato che le proteste sono contro la Rockhopper ma contro un sistema che predilige i diritti dei trivellatori rispetto a quelli dei cittadini. Il suo gruppo ha anche scritto una lettera al Ceo della Rockhopper, Sam Moody, in cui gli si chiede di non nascondersi dietro i trattati internazionali per spillare soldi dai governi stranieri, l'Italia in questo caso. Spero vivissimamente che l'Italia abbia saputo far valere le sue ragioni e che la decisione di settembre sia in nome della democrazia e della difesa dell'ambiente. Ma comunque vada, chiunque visiti oggi la costa teatina sa che abbiamo fatto la cosa giusta”.

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