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Sull'Everest i ricercatori dell'università d'Annunzio studiano la risposta muscolo-scheletrico all'ipossia

La professoressa Tiziana Pietrangelo: "Vogliamo capire il ruolo dell'esercio fisico sull'adattamento in quota"

Prosegue la spedizione sull'Everest dove i ricercatori dell'università di Chieti stanno studiando come l'alta quota possa impattare sulle persone che normalmente vivono a livello del mare e incidere anche sulla struttura e sulla funzione muscolare.

I 22 partecipanti al progetto internazionale 'Lobuje Peak-Pyramid: Exploration & Physiology 2022' hanno raggiunto la base dell'Everest presso la Piramide di Desio, osservatorio e laboratorio internazionale a 5000 metri di quota, dove stazioneranno facendo esperimenti per indagare l'impatto dell'alta quota sul corpo umano.

Da qui, solo 4 tra loro, capitanati da Gaetano Di Blasio, tenteranno, nei giorni di permanenza in Piramide, la salita del Lobuje Peak di 6.119 m tra le montagne mozzafiato dell'alto Khumbu.

"La rigenerazione del muscolo scheletrico umano - spiega all'agenzia di stampa Dire Tiziana Pietrangelo, professoressa di Fisiologia all'università G. d'Annunzio -  è un aspetto specifico di cui mi occupo da sempre. Per comprendere i meccanismi rigenerativi dei muscoli vanno analizzate le cellule staminali adulte, le cellule satelliti, in risposta a stimoli specifici come ad esempio l'esercizio fisico. Infatti, nel caso della spedizione, andremo a valutare la risposta personale dei 22 volontari durante le fasi del trekking combinato al condizionamento ambientale ipossico-ipobarico. L'obiettivo è studiare, attraverso la rigenerazione muscolare, gli effetti che i parametri come l'ipossia e la ipobaria producono a livello del metabolismo muscolare-scheletrico. Per poter raccogliere i dati - aggiunge l'esperta - il 'principal investigator' della spedizione, il professor Vittore Verratti, ha valutato e rivaluterà la composizione muscolare dei partecipanti del gruppo prima della partenza e al loro rientro".

La spedizione, che si concluderà l'8 novenbre prossimo, sarà fondamentale per dipanare le questioni aperte nel mondo scientifico in tema di ipossia ed esercizio fisico nell'adattamento del corpo umano.

"Per quanto riguarda il fenomeno dello stress ossidativo indotto da ipossia ipobarica - sottolinea la professoressa Pietrangelo - le donne sembrano più protette rispetto ai maschi. Verosimilmente questo è legato al ruolo che svolgono gli ormoni, in particolare gli estrogeni. Altre caratteristiche fisiologiche sembrano più vantaggiose per l'uomo:  maschi infatti, per natura, hanno maggiore massa muscolare scheletrica rispetto al sesso femminile per cui, qualora si dovesse registrare una riduzione di massa muscolare in alta quota, i maschi sarebbero avvantaggiati rispetto alle femmine. L'età influisce sulla massa e sulla forza muscolare. È noto come sia nei maschi che nelle femmine queste due componenti si riducano con l'avanzare dell'età dando origine alla sarcopenia. Ma come detto vedremo solo a conclusione dello studio quanto, in senso positivo, l'attività fisica sarà in grado di incidere e arrestare i processi cui va incontro il muscolo in alta quota".

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