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Al 12esimo convegno Sozooalp le esperienze e il “Modello Majella”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ChietiToday

Il XII convegno nazionale SoZooAlp di zootecnia alpinaospita le esperienze e il “modello Majella”. Tra le malghe bellunesi, e i prati e le foreste del Cansiglio, in un consesso di zootecnici e veterinari di grande esperienza e tra le università italiane che promuovono innovazione esostenibilità nel campo dell’allevamento di montagna, il parco nazionale della Majella porta la propria esperienza e lo sviluppo di un modello ormai diinteresse nazionale ed internazionale: la convivenza con lupo e orso e, insieme, un percorso ormai consolidato di valorizzazione degli allevamenti del Parco.

Ha suscitato grande interesse tra gli esperti delle numerose università presenti, tra le quali quelle di Padova, Udine, Milano, o afferenti a fondazioni e istituti di ricerca noti a livello europeo, l’intervento dei tecnici del Parco, che hanno tracciato e ripercorso un’esperienza, che ormai data più di 15 anni di assistenza e di valorizzazione della zootecnia estensiva, proprio all’interno di un Parco, come quello della Majella, contemporaneamente rinomato per le sue capacità di conservazione di specie come lupo e orso e trai primi in Europa ad essere accreditato per la sua wilderness.

Il 12esimo convegno SoZooAlp, tenutosi a Pian del Cansiglio (Belluno), in effetti entrava ambiziosamente proprio nei temi dei servizi ecosistemici quali opportunità di crescita per l’allevamento in montagna. Tema di grande interesse per gli allevatori delle montagne sia alpine che appenniniche: la SoZooAlp - Società per lo Studio e la Valorizzazione dei Sistemi ZootecniciAlpini, in effetti, è da tempo impegnata nella valorizzazione di un settore che ha grandissima importanza per le economie dei territori montani, rappresenta un’eccellenza per le produzioni nazionali e, oggi in particolare, un’attività produttiva che non solo può essere sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anzi rappresenta uno dei principali strumenti per il mantenimento della biodiversità nell’agroecosistema, cioè in quegli ambienti seminaturali, definiti tali perché nei secoli plasmati dal lavoro dell’uomo, che pure racchiudono tesori inestimabili dal punto di vista del paesaggio, e dunque della bellezza, e della tutela della flora e della fauna.

Questo il senso dell’intervento al convegno, il Parco per anni ha lavorato con gli allevatori, dapprima affrontando il problema delle predazioni sul bestiame, e mettendosi al fianco degli allevatori per pensare e realizzare i migliori sistemi di prevenzione personalizzati sulle esigenze delle aziende, poi ha elaborato il progetto di “Restituzione della pecora”, che con alcuni allevatori ha determinato un modello di grande interesse in termini di coesistenza tra le attività zootecniche di montagna e la conservazione dellupo. Oggi sviluppa, insieme all’università di Perugia, con botanici ezootecnici in una collaborazione scientifica con gli uffici botanico e veterinario del Parco, uno studio sullo stato dei nostri pascoli e degli habitat di quegli ambienti che rischiano di essere minacciati proprio dall’abbandono dei territori. Che è abbandono di attività produttive, certo, ma spesso è anche e soprattutto abbandono di coscienza e di capacità gestionale. Nel Parco, invece, un recupero delle capacità di gestire i territori, e dunque di ricreare condizioni ideali per gli allevamenti sostenibili, non solo è possibile, ma è assolutamente sinergico e funzionale alla tutela della biodiversità, come anche riconosciuto dalla normativa e dalle direttive europee. E l’Appennino, dunque, ha portato, con la Majella, un bell’esempio di attenzione e visione sulla zootecnia di montagna tra le più grandi e consolidate esperienze di zootecnia alpina, in un incontro che certo favorirà il recupero culturale di valori e opportunità economiche per le nostre genti di montagna.

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