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Esuberi in vista alla Sanmarco: la Fiom Cgil si scaglia contro l'azienda

Il segretario generale della Fiom Cgil Fegatelli taccia l'azienda di scorrettezza verso i lavoratori e di non rispettare il contratto collettivo nazionale

L'esubero di 80 lavoratori annunciato dalla Sanmarco preoccupa i sindacati, che accusano l'azienda di atteggiamento scorretto. 

La notizia è emersa nella giornata di lunedì, durante l'incontro di Fim, Fiom e Uilm insieme alle rsu con l'azienda, che ha annunciato l'esubero. "Nonostante - dice il segretario generale della Fiom Cgil Alfredo Fegatelli - siano usciti più di 20 lavoratori in maniera incentivata. Il numero 80 era già stato dichiarato nel 2020 prima delle 20 uscite".

"L'azienda - spiega - ha comunicato che non intende fare la rotazione rispetto alla cassa integrazione Covid e che l’organico attualmente presente in fabbrica è la 'squadra' che è stata decisa. Probabilmente, potrà essere integrata con 2 o 3 lavoratori. L’azienda ha comunicato che chi sta attualmente fuori non ha speranza di rientrare e ha chiesto alle organizzazioni sindacali di far prendere coscienza ai lavoratori di questa situazione".

La Fiom, non condividendo questa modalità, ha fatto presente che per effettuare i licenziamenti collettivi si dovranno rispettare i criteri di legge, ma, secondo quanto denuncia Fegatelli, l'azienda ha spiegato che andrà avanti per la sua strada.

"Praticamente - accusa Fegatelli - sembra che l'azienda stia precostituendo dei licenziamenti. Tutto questo nonostante le probabili nuove commesse di Anas e Poste Italiane che, se fossero acquisite, ricadrebbero solo sui lavoratori già presenti in azienda".

In questi giorni, davanti allo stabilimento c'è un piccolo gruppo di lavoratori che sta manifestando il proprio dissenso, testimoniando le difficoltà che tali scelte comportano alle proprie famiglie. "Purtroppo - aggiunge il segretario della Fiom Cgil - anche stare davanti la fabbrica rischia di essere discriminatorio perché sembra esserci un sistema di delazione, anche se non si capisce da chi è stato messo in piedi. L’azienda, durante la riunione, ha fatto sentire alla delegazione sindacale la registrazione di un lavoratore del presidio, affermando di averne altre. Dopo aver fatto sentire brevemente questa registrazione per dare dimostrazione di quanto è venuta in possesso, ha affermato di voler denunciare quanti continuassero ad esprimere opinioni negative nei confronti dell’azienda e di chi la rappresenta. Immaginiamo che l’azienda conosca anche i nomi di chi è oggetto della registrazione".

Per questo, il sindacalista chiede che "gli organi competenti attenzionassero questa azienda per indagare cosa realmente accade dentro e fuori la fabbrica. Come Fiom - aggiunge - riteniamo legittimo che un lavoratore che si senta messo fuori, sapendo che non riporterà più il salario alla propria famiglia e che deve ancora pagare il mutuo della casa, possa esprimere liberamente la propria opinione rispetto all’operato aziendale".

Sotto accusa anche l'accordo sottoscritto lo scorso 2 febbraio, definito "paradossale". Nell'accordo, spiega Fegatelli, "oltre a parlare di licenziamenti in un periodo in cui i licenziamenti sono bloccati causa Covid, l’azienda ha inventato un meccanismo che propone come incentivo, nei fatti, la cassa integrazione. Inoltre, prevede la scrittura di un verbale transattivo che indichi la data del licenziamento. Già questo, a nostro parere, dovrebbe essere oggetto di attenzione da parte dell’Inps. Il paradosso si raggiunge quando nell’accordo è scritto che, se il lavoratore dovesse ripensarci, lo stesso dovrà restituire la cassa integrazione all’azienda, strumento la cui titolarità è dell’Inps. Pensare di fare accordi che prevedono incentivi legati ad uno strumento universale e che rientra nella fiscalità generale è quanto meno singolare. Probabilmente l’Inps dovrebbe verificare tale accordo. Infine, leggendo attentamente la parte finale dell’accordo è ancora una volta evidente il meccanismo di costrizione aziendale".

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