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Pasta italiana: arriva l'etichetta obbligatoria

Coldiretti: “Una boccata di ossigeno per consumatori e 20mila aziende abruzzesi che coltivano 35mila ettari a grano duro”

Con un pacco di pasta imbustato in Italia su tre che è fatto con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori, arriva l’etichetta d’origine per fare finalmente chiarezza su quello che è il prodotto simbolo del made in Italy. Ad affermarlo è la Coldiretti Abruzzo a due settimane dall’entrata in vigore del decreto che metterà in trasparenza quello che i cittadini portano in tavola.

"Una novità - sottolinea-  che è il risultato della guerra del grano lanciata a livello nazionale da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori scesi in piazza per difendere il Granaio Italia contro l’invasione di prodotto straniero, spesso di bassa qualità e trattato con sostanze vietate nel nostro paese, e le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione, con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di 2 milioni di ettari coltivati: di questi, 87mila ettari a cereali sono in Abruzzo e 34.500  sono coltivati a grano duro  da circa 20mila aziende per una produzione di circa 1.400.000 quintali di frumento e un valore di circa 35milioni di euro".

Secondo quanto previsto dal decreto, dal 17 febbraio prossimo le confezioni di pasta secca prodotte in Italiadovranno avere obbligatoriamente indicati in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura. Il 16 febbraio scatta invece l'indicazione dell’origine del riso in etichetta, che deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.

"Una scelta applaudita dal 96% dei consumatori che chiede venga scritta sull’etichetta in modo chiaro e leggibile l’origine degli alimenti – continua la Coldiretti – e confermata in Italia anche dal Tar del Lazio che ha sottolineato come sia “prevalente l’interesse pubblico ad informare i consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e dell’ingrediente primario”. Sarebbe stato del resto assurdo impedire ai cittadini – nota Coldiretti – di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano”.

L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti ha fatto scattare il 19 aprile 2017 l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

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