Diecimila infermieri abruzzesi contestano la proposta di legge sull’atto medico
La proposta di legge annunciata dall'onorevole Vittoria D'Incecco. I collegi Ipasvi: "Così si restituisce al medico il ruolo, ormai obsoleto, di 'padre e padrone' della sanità, marginalizzando le altre professioni sanitarie"
I presidenti dei Collegi Ipasvi della Province di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo contestano la proposta di legge annunciata dalla parlamentare Vittoria D’Incecco del Partito Democratico riguardo alla ridefinizione dell’atto medico, “che intende restituire al medico il ruolo, ormai obsoleto, di 'padre e padrone' della sanità, marginalizzando le altre professioni sanitarie, in particolare quella infermieristica”.
In una nota congiunta, il presidente Collegio Ipasvi di Chieti - Giancarlo Cicolini, dell’Aquila – Santina Calisse, di Pescara – Gianluca Del Poeta e di Teramo – Cristian Pediconi, scrivono: “L’onorevole D’Incecco, medico-reumatologo pescarese, dica chiaramente ai professionisti sanitari abruzzesi, e in primis agli infermieri, che vuole declassarli e favorire la classe medica a discapito della tutela della salute dei cittadini. La sua proposta di legge si rivela un “colpo di coda”, che tende a ledere profondamente la dignità di tutta la classe delle professioni sanitarie, degli infermieri Iitaliani e abruzzesi che, probabilmente, l’hanno anche votata e sostenuta nella sua campagna elettorale in Abruzzo”.
I presidenti ricordano poi che da tempo sono stati approvati due nuovi Codici Deontologici dell'Infermiere e che l'evoluzione normativa ha meglio definito i ruoli e le responsabilità dei professionisti delle professioni sanitari. ”Negli ultimi anni – aggiungono - i professionisti sanitari, e gli infermieri,in particolare, hanno mostrato la capacità di modellarsi intorno ai cambiamenti che avvengono nell'intero sistema mettendosi in gioco continuamente. La norma proposta va nella direzione diametralmente opposta e tende a consolidare un ormai anacronistico ruolo del medico “padre e padrone” della sanità, riproponendo quell’obsoleto autoreferenzialismo che tende a volersi ergere a unici protagonisti dello scenario sanitario.
E’ una norma che va contro la storia- concludono- che ormai vede i professionisti sanitari lavorare in équipe multidisciplinari con pari dignità professionale, come da molti anni già avviene in altri Paesi europei e nel mondo”.