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Economia

Crollano le imprese in Abruzzo: nel Chietino una decrescita otto volte superiore alla media nazionale in otto anni

È la flessione più pesante della regione, con 1.435 imprese in meno, soprattutto nei settori dell'agricoltura, del commercio e delle costruzioni, ma il capoluogo di provincia è in controtendenza

La provincia di Chieti è quella che ha subito la peggiore decrescita delle imprese nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2013 e lo stesso giorno dell'anno 2021. È il dato più significativo di uno studio redatto dall'economista Aldo Ronci, che analizza la dinamica delle imprese in Abruzzo nell'arco di 8 anni caratterizzati, tra l'altro, dalle conseguenze della pandemia anche sull'economia regionale. 

Come evidenzia lo studioso, in linea generale si registra una flessione di 1.503 unità, che equivalgono a percentuali tre volte la media nazionale: se in Abruzzo, infatti, la decrescita è dell'1,16%, quella nazionale è dello 0,41%. Nella nostra regione, dunque, si è passati dalle 129.488 imprese del 2013, alle 127.985 del 2021.

A incidere sulla perdita di oltre 1.500 imprese in Abruzzo è soprattutto il settore dell'artigianato e, in particolare, l'andamento delle costruzioni che, come evidenzia Ronci, "in valori percentuali, flettono in misura doppia rispetto al valore medio nazionale" e delle attività di alloggio e ristorazione che crescono la metà di del valore medio italiano.

A livello provinciale, come detto, Chieti subisce la flessione più pesante, con 1.435 imprese in meno, soprattutto nei settori dell'agricoltura (-1.310), del commercio (-505) e delle costruzioni (-441), seguita da L'Aquila (-434) e Teramo (-411), mentre l’unica a segnare un incremento è Pescara (+777). Il 31 dicembre di 10 anni fa, nel Chietino si registravano 41.101 imprese, calate a 39.666 otto anni dopo: un calo del 3,49%. Un decremento pari a otto volte quello nazionale.

La città di Chieti, però, registra dati in controtendenza rispetto al territorio provinciale: come evidenziano i dati citati nello studio di Ronci, infatti, il capoluogo ha registrato un incremento di 90 unità.

Prendendo in considerazione le imprese dei comuni con più di 15mila abitanti, la crescita più elevata in valore percentuale è stata registrata a Spoltore (+6,57%), che conquista il primo posto nella graduatoria regionale. La flessione più alta è quella di Sulmona (-6,15%) che si classifica all’ultimo posto.

Per quanto riguarda la provincia di Chieti, dopo il capoluogo, crescono Vasto (+83), San Salvo (+27) e Francavilla al Mare (+10). Decrescono Lanciano (-199), al penultimo posto della graduatoria abruzzese, e Ortona (-57).

Tra i comuni con le variazioni percentuali di imprese più alte c'è anche la sorpresa di Roio del Sangro, piccola località del Chietino che realizza un incremento del 44,44%, passando da 9 a 13 imprese in otto anni. 

La maglia nera delle variazioni percentuali di imprese peggiori va a Pietraferrazzana, che subisce una flessione del 36,36%, passando da 11 a 7 imprese, seguita da San Giovanni Lipioni (-35,29%) e Montebello sul Sangro (-33,33%).

Non sono soltanto le zone interne a subire la crisi delle imprese: il calo riguarda 153 comuni montani, ma anche 42 ubicati nella fascia costiera. Per l'economista autore dello studio, dunque, "se si vogliono evitare provvedimenti occasionali legati alla funesta logica particolaristica praticata da decenni senza risultati apprezzabili, non resta che adottare una metodologia programmatoria che elabori un progetto, il quale attivi uno sviluppo regionale armonico e che faccia sì che tutti gli interventi e le risorse siano coerenti con quel progetto".

"Il sistema delle imprese abruzzesi - incalza - ha bisogno di riprendere vitalità e ciò può avvenire soltanto se agli interventi sulle infrastrutture, agli incentivi per la concessione del credito, all’abbassamento delle imposte, alla semplificazione amministrativa, che sono misure tutte necessarie e importanti ma non sufficienti ad innescare processi di sviluppo, si aggiunge il miglioramento della competitività delle imprese, in particolare delle micro-imprese che rappresentano il 96% del totale delle imprese e impiegano il 56% degli occupati".

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