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Cronaca

Villa Pini: Santa Camilla non limitò la libertà di concorrenza, lo dice il Garante

Nella seduta di ottobre l'autorità garante della Concorrenza e dei mercati stabilisce, dopo il ricorso dell'ex affittuario Petruzzi, che il gruppo che acquisì la clinica a settembre di un anno fa non agì per spartirsi budget e posti letto ai danni della sanità privata abruzzese

Le società del gruppo Casa di cura Santa Camilla, che l’anno scorso acquisì la clinica Villa Pini, non limitarono la libertà di concorrenza in occasione della gara per l’acquisizione delle strutture che furono del gruppo Angelini. Lo ha deciso l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato nella seduta dello scorso 22 ottobre.

Via libera, dunque, a Synergo srl (proprietarie delle case di cura Pierangeli di Pescara e Spatocco di Chieti), Casa di Cura Privata Villa Serena del Dott. Leonardo Petruzzi srl, Casa di Cura Privata Di Lorenzo spa (titolare delle cliniche Di Lorenzo, Nova Salus e Villa Gaia) e Presidio Ospedaliero Villa Letizia srl (della famiglia Vittorini, con sede a Preturo). Il caso era salito all’attenzione del Garante lo scorso 11 settembre, dopo la segnalazione della società Seagull srl, di Nicola Petruzzi, arrivata meno di una settimana prima della firma per la vendita della clinica Villa Pini, poi apposta il 17 settembre 2013.

Il 20 giugno 2013, al tribunale di Chieti, Petruzzi, che per due anni e mezzo aveva gestito in affitto la clinica di via dei Frentani, arrivò terzo nella quinta asta pubblica da 31 milioni e 50mila euro che vide fronteggiarsi nelle fasi finali la Casa di cura Santa Camilla e il policlinico Santa Maria de Cryptis, con una proprietà riconducibile a Carmine De Nicola, imprenditore delle scuole private. La spuntò quest’ultimo, ma dopo un mese il gruppo non si presentò nello studio del notaio per la firma. Così la clinica passò alla seconda classificata, con un’offerta di 31 milioni, che finalmente acquisì ufficialmente Villa Pini nella tarda serata del 17 settembre 2013.

La Seagull di Petruzzi si rivolse all’autorità garante sostenendo che gli imprenditori concorrenti avevano costituito il gruppo Santa Camilla “con condotte asseritamente anticoncorrenziali tendenti, da un lato, ad ostacolare l’ingresso nel mercato di nuovi operatori e, dall’altro, a ripartire tra le medesime il tetto di spesa per l’erogazione di prestazioni sanitarie finanziate dal servizio nazionale assegnato dalla Regione alle cliniche già appartenenti al gruppo Angelini”.

Il procedimento istruttorio è stato avviato il 6 novembre e nei mesi successivi sono state portate a termine ispezioni nelle sedi delle società, i cui rappresentanti sono stati spesso sentiti in audizione. Per il garante non c’è stato alcun boicottaggio e in particolare risulta che dalle ispezioni “non emergono specifici riferimenti, da un lato, ad un possibile disegno collusivo che riguardi le gare per la vendita delle diverse cliniche già del Gruppo Angelini e, dall’altro, in merito ad un boicottaggio concertato delle prime quattro gare per la vendita di Villa Pini, finalizzato ad ottenere il definitivo disaccreditamento della stessa Villa Pini da parte della Regione e la conseguente ripartizione del relativo budget ai residui operatori attivi sul mercato e convenzionati con il servizio sanitario nazionale”.

Le quattro società hanno spiegato di non aver partecipato alle prime quattro aste sia prevedendo l'interesse dell'affittuario Petruzzi, che godeva del diritto di prelazione, sia per le basi troppo onerose (la prima gara, nel 2010, partiva da 42 milioni, che si abbassarono a 16 nella quinta), e di essersi unite perché, singolarmente, “vi sarebbe stata l’impossibilità di sostenere individualmente il costo di acquisizione di Villa Pini e gli investimenti per mettere a norma la relativa struttura”, considerato che ai 31 milioni di euro per l’acquisto se ne sarebbero aggiunti almeno 20-30 per l’adeguamento.

Secondo Petruzzi, invece, l’obiettivo reale sarebbe stato “lo smembramento di Villa Pini e la conseguente ripartizione del relativo budget tra i soci della Santa Camilla”. Per l’imprenditore, inoltre, considerato che la Synergo aveva già sborsato 5 milioni per l’adeguamento e la messa a norma, l’investimento de nuovi proprietari non sarebbe stato particolarmente esoso. “Secondo Seagull – scrive il Garante - il reale intento delle parti sarebbe stato quello di “impedire che un nuovo concorrente, quale potenzialmente era Seagull, potesse entrare nel mercato della sanità privata in Abruzzo”, con un impatto dirompente su tutto l’equilibrio del mercato”. In questo modo gli altri imprenditori della sanità si sarebbero garantiti i posti letto e il budget, restando “gli unici interlocutori nel dialogo con la Regione e l’unico riferimento per i sindacati”. Ma il Garante della concorrenza ha demolito queste ipotesi. Contro il provvedimento, Petruzzi potrà ricorrere al tribunale amministrativo del Lazio.   

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