rotate-mobile
Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Nessun colpevole per la discarica di Bussi, ma la Cassazione conferma: "Fu disastro ambientale"

La sentenza ha dichiarato prescritti gli imputati dal reato di disastro colposo, ma secondo la Cassazione già all'epoca dei fatti, che si dichiarano prescritti nel 1997 e non nel 2002 come da sentenza della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, c'erano leggi che vietavano le condotte degli imputati

"Secondo il diritto vigente, già all'epoca dei fatti per i quali si procede, l'ordinamento conteneva norme volte a tutelare le acque dall'inquinamento e le stesse matrici ambientali". Quindi il ricorso degli imputati che "rilevano l'insussistenza di divieti di interramento in epoca antecedente al 1982", non è fondato sul punto, "l'assunto non ha pregio" dicono i giudici.

Questo è quanto si legge nelle motivazioni della Corte di Cassazione sulla sentenza in merito alla discarica dei veleni di Bussi sul Tirino (Pescara). I giudici confermano che l'area della Montedison era stata inquinata anche nel passato in violazione delle leggi italiane. La sentenza ha dichiarato prescritti gli imputati dal reato di disastro colposo, ma secondo la Cassazione già all'epoca dei fatti, che si dichiarano prescritti nel 1997 e non nel 2002 come da sentenza della Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila, c'erano leggi che vietavano le condotte degli imputati. La sentenza riconosce anche l'avvelenamento delle acque di falda.

Cristina Gerardis, l'avvocato dello Stato che ha seguito il processo, ha commentato su Facebook le motivazioni della sentenza della Cassazione: 

L'Abruzzo ora può contare su uno strumento efficacissimo per pretendere da chi ha inquinato la bonifica di quell'area, con vantaggi che tutti possono immaginare per la salute e il benessere del territorio e di chi lo vive: 10 anni di lavoro non sono stati inutili.

La Gerardis spiega che

la sentenza può definirsi storica, per 4 motivi. Il primo: ha detto che il reato di avvelenamento protegge dalle aggressioni dell'uomo anche le acque di falda, quelle sotterranee, non visibili agli occhi, ma essenziali per l'approvvigionamento idrico. Il secondo: ha confermato che, in quella zona dell'Abruzzo, società della Montedison, per mezzo secolo, hanno causato un disastro ambientale definito come un "accadimento macroscopico, dirompente e caratterizzato per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità di un numero non individuabile di persone". Lo hanno fatto esercitando l'industria, con il solito inaccettabile scambio tra lavoro e salute, tra denaro e ambiente.

L'avvocato dello Stato, che dopo la sentenza del 2014 della Corte d'Assise di Chieti ha svolto anche il ruolo di direttore generale della Regione Abruzzo per due anni, spiega che

il terzo motivo è che ha definitivamente affermato che il disastro ambientale e l'avvelenamento delle acque possono essere commessi anche "non facendo", minimizzando la gravità della situazione, falsando i dati per tranquillizzare la gente, dando indicazioni di "non spaventare chi non sa". Il quarto: ha accolto nella sede più alta di un processo la mia tesi, che anche negli anni '60 e '70, in Italia, "l'ordinamento conteneva norme volte a tutelare le acque dall'inquinamento e le stesse matrici ambientali", anche se ''gli imputati possono trincerarsi dietro la prescrizione''..

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Nessun colpevole per la discarica di Bussi, ma la Cassazione conferma: "Fu disastro ambientale"

ChietiToday è in caricamento