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Cronaca

L'indagine dell'Antimafia tocca anche il Chietino: 38 indagati e in manette finisce anche un avvocato

L'operazione scattata all'alba ha portato all'arresto di 35 persone, 14 in carcere e 21 ai domiciliari, e al sequestro preventivo di circa 74mila euro a carico di un bar e una società di servizi

Trentotto persone indagate, di cui 14 in carcere e 21 agli arresti domiciliari, e il sequestro preventivo di circa 74mila euro a carico di un bar e una società di servizi: è l'esito dell'indagine eseguita da aprile 2019 dal nucleo investigativo carabinieri di Salerno, con il coordinamento della direzione distrettuale antimafia, che ha toccato anche la provincia di Chieti. 

Da questa mattina all'alba, nelle province di Salerno, Avellino, Frosinone, Caserta e Chieti, i carabinieri del comando provinciale salernitano, supportati da quelli dei reparti territorialmente competenti e da unità cinofile del nucleo di Pontecagnano, hanno eseguito un'ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dall'ufficio gip del tribunale del capoluogo, su richiesta della direzione distrettuale antimafia, a carico di 38 persone. 

Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, dei reati di estorsione e lesioni personali, aggravati dalla finalità mafiosa, porto e detenzione di armi in luogo pubblico, concorso in spaccio di sostanze stupefacenti, indebita percezione di erogazioni pubbliche, ricettazione, riciclaggio, truffa. 

Nel corso delle operazioni, che hanno complessivamente visto impiegati oltre 250 carabinieri, sono state eseguite perquisizioni personali e locali per la ricerca di stupefacenti e altro materiale pertinenti ai reati contestati.

L'attività di indagine, condotta attraverso analisi tecniche e mirati servizi di osservazione, controllo e pedinamento, è risultata particolarmente complessa, poiché è stato necessario ricostruire i reali titolari di schede telefoniche intestate in maniera fittizia e utilizzate, secondo la ricostruzione degli investigatori, per lo svolgimento di traffici illeciti.

Stando a quanto hanno ricostruito i carabinieri, gli indagati gravitavano intorno alla figura di un uomo detenuto che, già prima della definitiva scarcerazione, a maggio 2020, avrebbe assunto una posizione di predominante rilievo, grazie ai permessi che gli davano la possibilità di rientrare sul territorio a Salerno. Questi, direttamente o tramite intermediari, avrebbe instaurato e riallacciato rapporti, attraverso l'invio di lettere o incontri personali, con svariati soggetti salernitani noti alle forze dell'ordine nel tentativo - è l'ipotesi investigativa - di formare un gruppo criminale per acquisire il controllo dell'attività di spaccio di stupefacenti nella zona orientale di Salerno. 

I contatti sono andati avanti fino al suo arresto, il 25 luglio 2020, a opera dei carabinieri salernitani, per la violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Stando all'impianto accusatorio ritenuto valido dal giudice, l'uomo avrebbe anche estorto una parte dei proventi delle attività di spaccio e denaro ai danni di un esercente commerciale; in più avrebbe detenuto e portato in luogo pubblico armi, tra cui un kalashnikov, con le quali avrebbe esploso, nel mese di luglio 2020, su pubblica via, 13 colpi di pistola senza un obiettivo preciso, ma al solo scopo dimostrativo, danneggiando alcuni palazzi, mentre era a bordo della sua auto con altri due indagati.

È inoltre accusato, insieme ad altri 7 indagati, di aver gambizzato nello stesso mese di luglio di due anni fa, con due colpi di pistola, un pusher, provocandogli lesioni giudicate guaribili in 30 giorni di prognosi, al fine di imporre la propria supremazia territoriale.

Gli inquirenti, inoltre, hanno individuato un'attività di spaccio all'interno del carcere di Bellizzi Irpino (Avellino), da parte di due detenuti, che sarebbero riusciti a ottenere la droga tramite alcuni familiari e il loro legale di fiducia, anch'egli arrestato oggi, i quali avrebbero più volte consegnato le sostanze durante i colloqui.

Questo avvocato e altri due indagati, fra cui uno dei leader del tifo organizzato locale, secondo quanto appurato dagli investigatori, avrebbero commesso una truffa nei confronti dei genitori di un ventenne, anch'egli appartenente alla tifoseria, deceduto in un incidente stradale mortale. In particolare, secondo la ricostruzione fatta propria dal giudice, il capo del gruppo ultras, sarebbe riuscito a carpire la fiducia dei genitori della vittima, ai quali avrebbe indicato il legale indagato per le procedure assicurative relative alla morte del figlio. Ma, secondo gli investigatori, l'avvocato avrebbe operato la falsificazione totale o parziale della documentazione fiscale attestante presunte spese sostenute per il funerale della vittima e successive consulenze tecniche di parte, chiedendo così ai familiari del giovane defunto un compenso più alto di quello reale. In questo modo, si sarebbe appropriato di 160mila euro, il totale del risarcimento liquidato dall'assicurazione per l'incidente mortale, dividendo poi la somma con il capo ultrà e un altro indagato.

A tutti gli indagati è contestata l'aggravante di aver approfittato della "condizione di minorata difesa delle vittime, dovuto allo stato di sofferenza psicologica derivante dalla morte del giovane". Parte di questa somma sarebbe stata poi riciclata attraverso una fattura falsa di 43.310 euro, emessa dalla società di consulenza di proprietà della moglie di uno dei tre.

Le indagini, anche bancarie, hanno consentito inoltre di ipotizzare che la donna, legale rappresentante di un"impresa individuale con sede a Pontecagnano Faiano (Salerno), mediante l'utilizzo e la presentazione di dichiarazioni e documentazione falsa, avrebbe conseguito indebitamente un contributo a fondo perduto che lo Stato ha erogato al fine di sostenere le imprese colpite dall'emergenza Covid, ricavandone un vantaggio patrimoniale quantificato in 30.856 euro corrisposto dall'Agenzia delle entrate, mediante accreditamento diretto sul suo conto corrente. Da qui l'ipotesi di reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche.

A riscontro delle risultanze emerse dalle intercettazioni e a seguito di appositi servizi di osservazione e pedinamento, nell'intero corso degli accertamenti di polizia giudiziaria sono state sequestrate sostanze stupefacenti per oltre 28 chilogrammi, prevalentemente hashish, con l'arresto in flagranza o la denuncia in stato di libertà di 13 soggetti per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi, nonché numerosi altri sequestri amministrativi a carico di acquirenti-assuntori e correlate segnalazioni alla prefettura di Salerno.

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