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Cronaca

Rogo riserva dannunziana, il racconto dei medici di Chieti che hanno messo in salvo gli ospiti della casa di riposo

Jacopo Pizzicannella, Matteo Perfetti e Serena Rossi domenica non hanno esitato a sfidare il fumo per entrare nella casa di riposo di Pescara e mettere in salvo alcuni ospiti prima dell’arrivo dei soccorsi

Medici che salvano vite anche fuori dall’ospedale, se gettano il cuore oltre le fiamme. 

È accaduto domenica scorsa a Pescara dove, nell’inferno della Riserva Dannunziana, tre dottori della Asl di Chieti non hanno esitato a sfidare il fumo per entrare nella casa di riposo di via De Cecco e mettere in salvo i primi ospiti prima dell’arrivo dei soccorsi.
 Jacopo Pizzicannella dell’Utic, Matteo Perfetti e Serena Rossi dell’Emodinamica, mentre cercavano di recuperare le auto per mettersi in fuga dalle fiamme, si sono imbattuti in una suora con due bottiglie di acqua in mano e l’aria smarrita, che non riusciva ad attivare i soccorsi per mettere in salvo i circa 40 ospiti che si trovavano all’interno della struttura. 

“Un’immagine di una tenerezza infinita - racconta Pizzicannella - che ho dovuto presto accantonare, perché il fuoco aveva già attaccato il giardino dell’istituto e non c’era tempo da perdere: ho chiesto ai colleghi che erano con me di segnalare alle squadre intervenute in zona la necessità di evacuare la casa di riposo, nella quale si trovavano anche persone non deambulanti”.

Nonostante il fumo Jacopo Pizzicannella è entrato nella struttura, ha visto che gli anziani più in pericolo erano i paraplegici, ed è partito proprio da loro. “I primi quattro li ho presi in braccio – ricorda - e portati all’esterno, e nel frattempo sono arrivati vigili del fuoco, polizia e mezzi della Valtrigno che hanno fatto il resto. Da medico, non essendocene un altro nella struttura, dopo essermi accertato delle  le condizioni degli ospiti, tutti trasportabili, ho chiesto alle squadre di portarli al sicuro, recuperando anche barelle e sedie a rotelle per facilitare le operazioni. L’aria era irrespirabile, il fumo acre e denso attaccava gli occhi e la gola, ma quello era il momento di farsi avanti, di soccorrere, da persona prima ancora che da medico, e né i colleghi né io ci abbiamo pensato due volte a fare l’unica cosa che andava fatta: mettere in salvo le persone più fragili e indifese”. 

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