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Cronaca

L'acqua inquinata di Bussi finisce a Le Iene, ieri sera il servizio di Nadia Toffa

Lo scorso 13 gennaio l'inviata era stata all'università di Chieti per intervistare il docente di Chimica Croce, che analizzò l'acqua della fontanella di via dei Vestini trovandovi sostanze velenose in quantità di gran lunga superiori ai limiti. Al microfono anche De Sanctis e alcuni cittadini

Sono quasi le 21.30 quando nel programma di Italia 1 Le Iene compare il dramma delle acque avvelenate di Bussi in tutta la sua durezza. “E se scopriste che l’acqua che avete sempre bevuto è contaminata da sostanze cancerogene, come reagireste? È quello che è successo a 700mila abruzzesi”, incalza l’inviata Nadia Toffa davanti alla telecamera.  

L’inviata bresciana era stata in Abruzzo lo scorso gennaio per prendere informazioni sul polo chimico che per anni ha inquinato il fiume Tirino e il sottosuolo. Il 13 gennaio era comparsa anche all’università di Chieti, per intervistare, fra la cuorisità degli studenti, il professor Fausto Croce, docente di Chimica del dipartimento di Farmacia.

È proprio Croce a spiegare cosa è accaduto a Bussi e, a cascata, in tutta la Val Pescara. “Il solo bacino idrico del Gran Sasso – dice al microfono della “Iena” – ha circa il 10% di acqua potabile di tutta Italia, ma gli abitanti delle province di Chieti e Pescara hanno bevuto acqua inquinata”.

Sono fatti noti a tutti gli abruzzesi, per una volta portati alla ribalta nazionale fra una gag dei conduttori Ilary Blasi e Teo Mammuccari e un servizio di denuncia. La telecamera inquadra il polo chimico di Bussi, con il fiume Tirino che lo attraversa, poi l’area sequestrata, la discarica abusiva più grande e inquinante d’Europa.

Alla voce del professor Croce si aggiunge quella di Augusto De Sanctis, del forum Movimenti per l’acqua: “Per decenni hanno buttato le scorie nel fiume, come cloaca”, ricorda. E ancora:“Sono passati 8 anni e tutto è rimasto come il primo giorno del sequestro. Stiamo parlando di materiale tossico buttato senza alcuna precauzione”. Una pratica consentita, all’epoca, perché fino agli anni Ottante in Italia non c’erano leggi di materia ambientale.

E la mancanza di regolamentazioni certe ha dato il via a comportamenti altamente lesivi per la salute dell’uomo. È Diana Galassi, Idrobiologa dell’università dell’Aquila a snocciolare l’elenco tossico di sostanze trovate nell’acqua del fiume Tirino: “Arsenico, cromo, mercurio, piombo, anche in elevatissime concentrazioni, sicuramente superiori a quelle che sono soglia di contaminazione”. Un danno irreparabile: “Abbiamo distrutto un intero ecosistema”.

Il racconto dell’orrore, ben noto agli abruzzesi, prosegue: le scorie interrate, interi fusti seppelliti, la falda acquifera compromessa fino a 120 metri di profondità. E l’acqua avvelenata, perché i pozzi erano a valle del polo chimico di Bussi. Il professore della D’Annunzio, quando esplose lo scandalo, analizzò proprio le acque della fontanella di via dei Vestini, accanto ad uno degli ingressi del campus: “Ci ho trovato clorurati – spiega - in concentrazioni molto più alte del solito, quindi le acque erano contaminate”. Valori 1.000 volte superiori a quelli rilevati nell’acqua di rubinetto di metropoli come Roma.

Fra i pareri e le analisi degli esperti c'è spazio anche per un gruppo di cittadini che da piazza Unione, a Pescara, protestano al microfono per non aver saputo e non aver potuto prendere precauzioni per tutelarsi. Alcuni di loro oggi combattono con malattie gravissime e, ammettono, è forte il dubbio che quell'acqua, bevuta per anni dal rubinetto di casa, abbia contribuito notevolmente a compromettere la loro salute

La Corte d’Assise del tribunale di Chieti, lo scorso dicembre, ha assolto i dirigenti del polo chimico degli orrori. Nonostante documenti, come la relazione dell’Istituto superiore della sanità, che definivano quell’acqua “un pericolo reale e concreto per la salute degli utilizzatori e consumatori”. Ma il peggio del servizio deve ancora arrivare e lo ammette Maurizio Proietti di Isde – associazioni medici per l’ambiente: “Sono sostanze che il nostro organismo non riconosce come proprie. L’obiettivo è sempre il dna”. Il che è evidente nella concentrazione di tumori in quell’area più alta del 70% rispetto al resto d’Abruzzo, sebbene i dati non siano certi, perché mancano un registro dei tumori e un osservatorio epidemiologico.

Il servizio delle Iene, però, non dimentica le circolari del 2004 da cui emerge che Aca e Ato sapessero della contaminazione, invocando però discrezione per non allarmare i cittadini. Così va a cercare rispettivamente il direttore generale e l’ex presidente.

Prima trova Giorgio D’Ambrosio, che assicura: “Non c’è nessuna analisi che attesti che c’è stata erogazione di acqua potabile con valori superiori a quelli consentiti dalla normativa vigente”. E di fronte alle insistenze di Nadia Toffa non fornisce ulteriori chiarimenti: “State dicendo una serie di corbellerie”, chiosa andando via.

Ancora più stringato Bartolomeo Di Giovanni, direttore generale dell’Aca, che si limita a mormorare: “Io l’ho bevuta l’acqua e sono tranquillo”, ma non risponde ad alcuna domanda e va via. Dopo alcune ore l’inviata torna e gli sottopone i documenti da lui firmati ben prima che gli abruzzesi conoscessero quanto fosse inquinata l’area di Bussi: “L’acqua che veniva fornita alla cittadinanza era idonea dal punto di vista potabile”. Toffa insiste, chiede perché la cittadinanza non sia stata informata e lui ammette: “Oggi, ripensandoci, se ci fosse stata questa procedura (dirlo alle persone, ndc) non sarebbe stato sbagliato. Io credo di aver operato nel rispetto della legge”.

Quel che è certo e da ieri è chiaro a tutti gli italiani, è che gli effetti delle falde acquifere inquinate, che a lungo hanno portato l’acqua nelle case di 700mila cittadini fra le province di Chieti e Pescara, si appureranno con certezza solo fra moltissimi anni. Oggi, comunque, l’acqua dei rubinetti è sicura e pulita. E lo dimostra proprio l’inviata delle Iene, invitata dal professor Croce a bere dalla fontanella di via dei Vestini. 

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