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Cronaca Atessa

La Sevel riapre ma in tanti non sono andati al lavoro

A sottolinearlo è il sindacato Usb che chiede la chiusura dell'azienda fino al 28 marzo e definisce "irresponsabili" la Fiom e gli altri sindacati

"I lavoratori della Sevel spa di Atessa si sono rifiutati di recarsi a lavoro, con un’astensione intorno all’ 80% e questo grazie allo Sciopero: l'unico strumento di protesta in mano ai lavoratori, che ha dato la possibilità di astenersi, di poter tutelare il proprio diritto alla salute". Una dichiarazione che arriva dal sindacato Usb alla luce della riapertura dell'azienda dopo quattro giorni di chiusura per la riorganizzazione del lavoro.

"Torniamo a chiedere alle Istituzioni, al Presidente della Regione, al Prefetto, alle Asl, di decretare la chiusura di tutte quelle attività produttive non di prima necessità - scrive il sidacato di base -  nell’interesse collettivo di tutta la cittadinanza,  almeno fino al 28 Marzo in modo da garantire una riduzione del rischio da contagio".

Sullo sciopero odierno il sindacato Usb fa sapere che "gli operai hanno dimostrato grande senso di responsabilità, superiore anche a chi in questa occasione avrebbe dovuto per una volta invertire l’ordine delle cose e far prevalere l’interesse collettivo contro quello individuale". 

Infine un attacco alle altre sigle sindacali. "Denunciamo l’atteggiamento irresponsabile dei sindacati firmatari, e della Fiom, che non hanno avuto il coraggio di prendere una posizione netta nei confronti della Direzione Aziendale segno della loro incapacità, subalternità e scarso potere contrattuale per via del CCSL che impedisce loro persino di scioperare. Il nostro pensiero va soprattutto agli oltre 500 ragazzi interinali che per via della loro precarietà contrattuale sono stati costretti a recarsi a lavoro".

Della stessa idea di Usb e il Partito Comunista Abruzzo: “I lavoratori della Sevel - afferma il Segretario regionale del Partito Comunista, Antonio Felice - nonostante il boicottaggio delle sigle sindacali (Cgil-Cisl-Uil) sempre più servi del padrone, dimostrano grande coraggio contro la prepotenza dell’azienda che si ostina a non fermare la produzione nonostante non ci siano impellenti urgenze visto che i furgoni prodotti vengono sistematicamente immagazzinati in tutti i siti industriali dismessi della Val di Sangro”.

 

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