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Cronaca Chieti Scalo / Via Enrico Mattei

Chiude la Thales, lavoratori scioperano a oltranza

La proprietà ha comunicato l'epilogo nell'ultimo tavolo al ministero. 20 persone saranno cedute ad una società malese, gli altri in mobilità

Una nuova nuvola nera sulla Val Pescara: la Thales Italia, eccellenza cittadina e nazionale, sta per lasciare Chieti e la sede di via Enrico Mattei. L’amara notizia è stata comunicata ai delegati sindacali due giorni fa (mercoledì 10 gennaio), durante il tavolo sindacale al ministero dello Sviluppo economico. 

Un tavolo che però, di fatto, non ha permesso alcun confronto: l’azienda ha comunicato quelli che da mesi, se non anni, erano i fondati timori dei lavoratori.

Il reparto Starmille, 20 persone, sarà ceduto ad una newco, nata il 20 dicembre scorso e operativa dal 1° aprile, attualmente posseduta solo da Thales Italia, ma che in seguito sarà per metà della società malese Sapura, con cui sono in corso trattative da tempo. Per questi è garantita operatività per almeno 3 anni, anche se i sospetti dei lavoratori è che i malesi non resteranno in Italia per più di due.

Altre 70 persone, quelle del reparto Rcp, saranno messe in mobilità, con modalità e tempi ancora non chiariti. Resta incerto il futuro del reparto Nis, 8 persone che si occupano di manutenzione delle reti del ministero della Difesa e che dipendono direttamente dalla sede centrale di Firenze: per loro non si sa è previsto il licenziamento o il trasferimento in Toscana. 

E di fronte alla delusione di tutte le loro aspettative, questa mattina (venerdì 12 febbraio) i lavoratori hanno scioperato, riunendosi in un sit in di protesta davanti alla sede di via Enrico Mattei. Lo sciopero andrà avanti a oltranza, con modalità che verranno decise giornalmente. Una manifestazione mai così numerosa, con la presenza anche dei consiglieri comunali Chiara Zappalorto e Filippo Di Giovanni (Pd) e Luigi Febo (Chieti per Chieti). In città è arrivato anche il vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, che da tempo segue in prima persona la vertenza Thales. E non nasconde la sua amarezza in un epilogo che, secondo lui, si poteva evitare. 

“Questa - commenta - è una struttura di eccellenza e i fatti l’hanno dimostrato. Farla spegnere è quasi un delitto. Nel tavolo al ministero Thales ci ha fatto richieste quasi brutali, che noi abbiamo accolto, ma non è bastato. In finanziaria avevamo stanziato 400 milioni per l’elettronica, specificando che venissero destinati alle eccellenze presenti in Abruzzo. Viene da pensare che certe richieste siano state fatte pensando che non le avremmo soddisfatte”. Lolli appare visibilmente deluso e arrabbiato: “Ad aggravare la situazione c’è il fatto che il giorno prima del tavolo hanno dichiarato la chiusura e hanno inviato la raccomandata per la cessione del ramo d’azienda. Per il momento siamo riusciti a far sospendere quella lettera”. I lavoratori, infatti, hanno chiesto altri tre incontri, già fissati prima della fine di febbraio (il prossimo venerdì 19), invocando al presenza al tavolo della proprietà francese. 

Amareggiato anche Davide Labbrozzi, segretario della Fiom: “L’azienda ci ha detto che vuole abbandonare questo settore, perché per loro non è un mercato su cui puntare, ma noi chiediamo di non chiudere”. 

Simone Di Nisio, rsu Fiom, spiega la rabbia dei lavoratori: “Siamo arrivati al tavolo sindacale, ma di fatto non c’è stata la possibilità di confronto. La cosa grave, oltre alla cessione di un ramo d’azienda, è stato l’annuncio che Thales abbandona il settore della difesa, abbandonando tutte le ricerche e gli investimenti. Le istituzioni hanno portato delle opportunità che l’azienda non ha voluto cogliere e noi ci sentiamo solo presi in giro”. 

La rabbia è tanta, non solo per la comunicazione improvvisa, arrivata all’inizio di un incontro che sarebbe dovuto essere di confronto e trattativa, ma anche perché da mesi voci di corridoio spifferano ciò che, oggi, è diventata una tragica realtà. 70 persone, troppo lontane dalla pensione e con professionalità specifiche per potersi reinventare facilmente, fra pochi mesi resteranno senza un’occupazione, dando l’ennesimo colpo mortale alla zona industriale dello Scalo e all’intera Val Pescara.

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