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Cronaca

Chieti città … svuotata

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ChietiToday

Qualche giorno fa il Sindaco di Chieti ha inviato una lettera all’Arcivescovo per chiedere di offrire gratuitamente ospitalità presso il Pontificio Seminario Regionale agli studenti del Liceo Scientifico Filippo  Masci pronti a lasciare la città perché rimasti senza locali. Qualche tempo fa si discuteva sulla richiesta di trasferire la Biblioteca De Meis, crollata in un vuoto urbano indecifrabile, presso l’ex ospedale Militare. Qualche tempo addietro ancora delle molteplici destinazioni d’uso delle strutture svuotate della ex caserma Berardi, poi ancora dell’ex ospedale civile e così ancora di tutte le ex strutture pubbliche dismesse, decadenti e svuotate. Davvero disarmate la metafora del Palazzo d’Achille in pieno centro.

Si discute e si dibatte da tanto tempo di locali svuotati, di una città che stenta prendere coscienza dei propri vuoti e delle proprie mancanze. Si discute del vuoto allora, del nulla, di corpi svuotati, di una città che rincorre con affanno briciole di identità che vanno lentamente scomparendo. Questo è il livello del dibattito pubblico raggiunto, purtroppo, in un’antica e storica città d’arte e cultura, prima ancora che decadente capoluogo d’istituzioni e riferimenti pubblici. Malinconia, tristezza, inquietudine. Questi sono i soli sentimenti che si riescono a registrare leggendo e riflettendo sugli strani interessi e le ossessive questioni che coinvolgono le attuali attività cittadine; sulle superflue controversie che emergono di volta in volta all’attenzione della comunità civile, sulla miseria di un interesse culturale distaccato ed indolente. Chieti, questo è chiaro oramai, riesce a dibattere solo ed esclusivamente della propria decadenza, non c’è ragione che tenga; anche il problema urbanistico e della direttrici di sviluppo urbano cade nel grigiore di un tavolo tecnico svuotato delle passioni e delle dinamiche sociali se  tutto si riduce in un semplice quanto mai desolato rapporto professionale.

Se sono questi i discorsi e le attività principali che si sviluppano in una città di grandi possibilità, dove si dovrebbe valorizzare ricchezze artistiche e culturali indiscutibili e posizioni privilegiate di indubbia dote, se tutta l’attività di una città si concentra nel cercare di ostentare titoli e blasoni per reclamare indefinibili attenzioni e superfluo rispetto, se tutte le diatribe che riescono a prendere forma nelle piazze, nei bar, lungo il corso, nei salotti e nei luoghi di decisione, sono legate solo al vuoto che si amplifica di giorno in giorno, la sensazione che rimane è che il vuoto, davvero, stia occupando lentamente ogni luogo e soprattutto stia inibendo irreversibilmente ogni  attività d’interesse pubblico. Senza scrupolo o esitazione di sorta, allora, non resta altro che dichiarare: Chieti città … svuotata.

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