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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Vasto

Chiazza petrolio: Edison rassicura, gli ambientalisti chiedono azioni legali

La società che gestisce il campo Rospo mare dice che la chiazza non è greggio, ma "terra ed erba fluviale". I fautori del parco teatino chiedono di non essere abbandonati dalla Regione nella lotta contro la petrolizzazione dell'Adriatico

Mentre la Edison garantisce che non c’è stato alcuno sversamento di petrolio in mare, la procura di Larino ha aperto un’inchiesta per inquinamento ambientale e i fautori del Parco della costa teatina chiedono al comune di Vasto di intraprendere azioni legali.

Non si placano le polemiche sulla chiazza di greggio apparsa al campo Rospo Mare, nei pressi della 12 miglia dalla costa di Termoli, 20 chilometri ad est di Vasto, intorno alle 22.30 di lunedì (21 gennaio).

La macchia, stando a quanto riferisce la Edison, che gestisce quasi totalmente il campo petrolifero (il 38 % fa capo all’Eni), dopo le verifiche della capitaneria si è rivelata essere “terra ed erba di origine fluviale”. Lo stesso risultato ha dato l’ispezione marina: “assenza di sversamento di petrolio in mare”. Nulla di preoccupante, dunque, anche se il giorno dopo l’allarme il Wwf ha diffuso fotografie di gabbiani reali e comuni sporchi di idrocarburi, scattate fra Vasto e San Salvo.

La società, dal canto suo, rassicura spiegando che il campo è sorvegliato secondo le norme di sicurezza da un telecontrollo a terra nella base di Santo Stefano. Da qui si può fermare la produzione in qualsiasi momento. La procedura prevede sia arresti d’urgenza che sigillano il giacimento sul fondo del mare, sia l’attivazione di pompe antincendio su tutto l’impianto in caso di fuoriuscita di gas.

Ma le rassicurazioni non bastano al costituendo Parco nazionale della costa teatina, che tramite il portavoce Lino Salvatorelli spiega che “una delle giunture si è allargata, facendo fuoriuscire il greggio che, con la temperatura del mare di circa 10 gradi, ha fatto solidificare la sostanza, facendola finire sul fondo del mare”. Un particolare emerso dal racconto dell’assessore all’Ambiente di Termoli, Augusta Di Giorgi. Per questo i fautori del parco chiedono al sindaco di Vasto di valutare di intraprendere azioni legali, come sta già facendo il comune costiero del Molise.

Rospo mare: gabbiani sporchi di idrocarburi /foto Wwf

Il territorio costiero è a forte rischio ambientale”, lancia l’allarme Salvatorelli. Sconcerta – si sfoga – che dobbiamo apprendere notizie dal Molise, mentre la regione Abruzzo rimane in silenzio”. In particolare i fautori del parco della costa teatina lamentano di essere “lasciati da soli a fronteggiare i colossi del petrolio, società con staff di avvocati, ingegneri e geologi. Vasto e Fossacesia – prosegue – non hanno mai smesso di fare il possibile, insieme ad associazioni, comitati, società civile, portatori di interesse. Dal Centro Oli, una vera e propria raffineria, ad oggi, l’Abruzzo ha gridato a chiare lettere la contrarietà a diventare un anonimo distretto minerario”.

La preoccupazione per lo stato del mare Adriatico è crescente, aggravata dai racconti dei piccoli pescatori vastesi, che quotidianamente si accorgono dello stato del mare. “I gabbiani in realtà sono gli ultimi a morire”, spiega Salvatorelli. Un particolare che lascia intendere che, in caso di sversamento in acqua, la fauna e la flora marina patiscono ben prima dei volatili.

“Davanti alla costa vastese – prosegue – si pompa petrolio da 30 anni, quale sia il reale stato del mare non è dato saperlo. È giunto il momento di invertire la rotta con chiare decisioni politiche e con indirizzi incontrovertibili, bisogna giungere al più presto alla perimetrazione definitiva del Parco nazionale della costa teatina, che indica chiaramente quale direzione vuole prendere il territorio: uno sviluppo turistico ambientale e sostenibile non compartibile con le trivellazioni petrolifere”. 

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