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Cronaca Madonna del Freddo

Salgono a 60 i positivi in carcere a Chieti: la sezione femminile si trasferisce a Rebibbia

Si moltiplicano i contagi nella casa circondariale di Madonna del Freddo dove anche gli agenti sono positivi. L’associazione Voci di dentro condanna la decisione di trasferire le detenute

Salgono i contagi nella casa circondariale di Madonna del Freddo a Chieti: sono 55, ad oggi, i detenuti risultati positivi al coronavirus (su un centinaio) unitamente a 5 agenti di polizia penitenziaria. 

“Un dato gravissimo” afferma il giornalista Francesco Lo Piccolo, direttore di Voci di dentro, il mensile dell’omonima associazione di volontariato che opera nelle carceri abruzzesi. “Mentre in Italia in questo ultimo anno tutto è cambiato – commenta - le carceri hanno continuato a funzionare al solito modo: come discarica di problemi sociali.  In questi mesi sono state incarcerate persone con pene minime o con residui di pena per reati vecchi di cinque  o dieci anni. Il carcere di Chieti ha celle piccole e fatiscenti: era normale che il contagio si diffondesse in questo modo. Ecco il risultato di un sistema penale che vede solo la punizione del carcere, quando le alternative c'erano e ci sono: arresti domiciliari, braccialetto e affidamenti in comunità. Come Voci di dentro lo chiediamo da sempre”.
 
Il direttore di Voci di dentro contesta anche la decisione di trasferire le detenute della sezione femminile di Chieti nel carcere di Rebibbia, aturata dall’amministrazione penitenziaria in accordo con la direzione del carcere teatino proprio per trovare nuovi spazi dove sistemare i positivi dell’istituto. Una trentina le donne trasferite, molte sono dentro per piccoli reati o residui di pena e ci sono anche malate oncologiche. “In una fase di emergenza come quella di questi mesi invece che trasferirle dovevano essere mandate a casa ai domiciliari. E andava fatto per tempo” osserva ancora il direttore di Voci di dentro che parla ormai di "situazione ingestibile".

“Direzione del carcere e polizia penitenziaria si trovano in prima linea, a rischio di contagio, costretti, e davvero lo fanno con dedizione, a lavorare in condizioni estreme, in pochi e abbandonati da una politica che non ha saputo fare prevenzione. Una politica penale giudiziaria assolutamente sbagliata che ignora i propri doveri e le proprie responsabilità – conclude Lo Piccolo -  facendo pagare tutto ciò alla polizia penitenziaria oltre che ai detenuti”.

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