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Cronaca Vasto

Capodogli arenati a Punta Penna: c'era gas nel sangue

L'esame necroscopico eseguito sulle tre carcasse ha rivelato presenza di gas nei vasi sanguigni. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, uno dei massimi esperti di cetacei: "Gli utilizzatori del mare sembra che la vogliano sempre fare franca"

Forse sono risaliti a galla troppo in fretta, forse erano spaventati da rumori troppo forti sui fondali. Ma i 7 capodogli spiaggiatisi venerdì mattina a Punta Penna hanno perso l'orientamento finendo in trappola sui bassi fondali della costa abruzzesi.

Quattro sono riusciti a riprendere il largo, grazie all'aiuto di esperti, volontari e forze dell'ordine. Tre, tutte femmine, di cui una incinta, sono morti.

L'esame necroscopico eseguito ieri sulle tre carcasse ha rivelato presenza di gas nei vasi sanguigni. "Potrebbero essere una probabile conseguenza di una riemersione troppo rapida, la cui causa potrebbe essere un trauma improvviso come quelli provocati dalle attività di prospezione con tecnica air-gun, trauma che porta i cetacei a una riemersione non corretta, la cui conseguenza è la permanenza di gas nei vasi sanguigni" la tesi avanzata da Vincenzo Olivieri del Centro studi cetacei onlus.

In 60 hanno lavorato sulle carcasse: una maxi-equipe coordinata da Sandro Mazzariol, del Cert (Cetacean stranding Emergency Response Team) dell'università di Padova. Le operazioni sono ufficialmente terminate intorno alle 19, con il ripristino completo dell' arenile. Le carcasse sono state trasportate con dei camion verso i siti individuati dal comune di Vasto per l'interramento.

Domani, lunedì 15 settembre, partirà il lavoro di raccolta dati sui cetacei in questione, cui seguirà il lavoro di ricerca di patogeni, quindi le indagini tossicologiche. Al lavoro anche gli specialisti della facoltà  della Scienza del mare dell'Universidad de Las Palmas delle Canarie.

Duro il presidente dell'Istituto Tethys, Giuseppe Notarbartolo di Sciara, uno dei massimi esperti di cetacei: "Gli utilizzatori del mare sembra che la vogliano sempre fare franca  - ha dichiarato - ma quello che serve è più' trasparenza e una volontà sincera di collaborazione tra chi usa il mare sia per scopi militari che per ricerca di idrocarburi, ed esperti della biodiversità".

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