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Cronaca

"Le tariffe Tari erano legittime": il Consiglio di Stato annulla la sentenza che diede ragione all'attuale amministrazione

E l'ex sindaco Di Primio si scaglia duramente contro i suoi successori, accusandoli: "Hanno rischiato di far pagare ai cittadini, per un capriccio, milioni di euro in più per la Tari"

Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello presentato dal Comune di Chieti contro la sentenza del Tar di Pescara che, nel 2018, aveva accolto il ricorso degli attuali amministratori teatini contro la delibera 270 approvata nella seduta di consiglio comunale del 31 marzo 2017 sulle tariffe della Tari. 

Dopo una battaglia prima dell'approvazione in aula, il 23 giugno 2017, quella delibera venne impugnata al Tar da Luigi Febo (all'epoca capogruppo di Chieti per Chieti, attuale presidente del consiglio comunale), Filippo Di Giovanni (oggi capogruppo del Pd, ai tempi consigliere), Marco Di Gregorio, Luciano Di Tizio, Pietro Diego Ferrara (attuale sindaco, consigliere di minoranza nella precedente consiliatura), Enrico Raimondi (oggi assessore, all'epoca consigliere), Chiara Zappalorto (all'epoca capogruppo del Pd, oggi assessore della giunta Ferrara), Alessandro Marzoli (già consigliere di Italia Viva) e Rolando Bascelli. 

A marzo 2018, i giudici amministrativi abruzzesi avevano accolto il ricorso degli esponenti di minoranza, annullando la delibera, ma il Comune si è opposto, presentando appello al Consiglio di Stato. E, oggi, i giudici amministrativi hanno accolto la tesi degli avvocati dell'ente, Marco Morgione e Patrizia Tracanna. 

Tra i passaggi del ricorso al Tar, gli allora consiglieri di minoranza avevano osservato che, oltre all'erronea determinazione delle tariffe della tassa sui rifiuti, mancava in allegato al piano economico finanziario la relazione; inoltre, lamentavano che non c'era stato l'adeguamento ai vigenti indicatori Isee e che tra i costi di esercizio era stato illegittimamente inserito un debito fuori bilancio. 

Il Consiglio di Stato, oggi, ha accolto le tesi del Comune. In particolare, osservando che "la relazione, benché non allegata al piano approvato, era stata comunque redatta, posta nel fascicolo di delibera e posta a disposizione, nei termini regolamentari, di tutti i consiglieri comunali". Dunque, la mancanza di questa relazione non incide sulla legittimità della delibera. 

I giudici amministrativi sottolineano "la correttezza dell'operato dell'amministrazione, non solo dal punto (formale e procedimentale) della corretta formazione della volontà consiliare, ma anche dal punto di vista (sostanziale) della legittima approvazione del piano". 

Dunque, la quinta sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza dei magistrati Fabio Franconiero (presidente), Valerio Perotti, Angela Rotondano, Giovanni Grasso, Giorgio Manca, accoglie il ricorso del Comune di Chieti e respinge il ricorso di primo grado presentato dai consiglieri che all'epoca sedevano in minoranza. 

L'ex sindaco Umberto Di Primio ha subito diffuso la notizia sulla decisione del Consiglio di Stato, scagliandosi contro gli attuali amministratori senza mezze misure: "Hanno rischiato di far pagare ai cittadini, per un capriccio, milioni di euro in più per la Tari. Ecco la prova di come non sia il predissesto la strada giusta per mettere in sicurezza i conti del Comune. Questa sentenza - accusa - è la prova documentale che hanno forzato la mano per giustificare la scelta del predissesto. Hanno immotivatamente aumentato gli accantonamenti per contenzioso così da creare una maggiore tensione finanziaria".

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