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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca San Martino / Viale dell'Unità d'Italia

Viale Unità d'Italia: "Mio padre è stato picchiato, non ha aggredito gli universitari"

La figlia del presunto aggressore di sabato notte allo Scalo racconta come sarebbero andati i fatti quella sera: "I ragazzi alzavano la voce ad ogni richiesta di fare silenzio e alla fine mio padre è sceso, gli sono scappati solo un paio di schiaffi"

Non ci stanno ad essere dipinti come aggressori di un gruppo di giovani innocenti, i protagonisti del litigio che sabato notte ha animato viale Unità d’Italia.

La figlia del presunto aggressore, che per ovvi motivi preferisce mantenere la riservatezza sulla sua identità, ha contattato ChietiToday per raccontare come sarebbero andate le cose quella sera. Ed è un racconto molto diverso da quello dei giovani, tre dei quali medicati in ospedale, che hanno spiegato di essere stati aggrediti con una cintura, scope e un tirapugni elettrico, da una famiglia residente proprio sopra la fermata a cui aspettavano l’autobus.

“Mio padre – spiega la giovane – è sceso da casa dopo aver richiamato più volte gli studenti e ogni volta che chiudeva la finestra, questi alzavano ancora di più la voce. Quando è sceso era da solo e ha trovato 5 ragazzi e una ragazza, che ovviamente non è stata toccata. Gli sono scappati un paio di schiaffi quando gli studenti, invece di chiedere scusa, hanno insultato pesantemente mia nonna e la mia famiglia. Poi siamo scesi tutti perché mio padre era solo contro 5 studenti”.

Secondo il racconto della giovane, la madre aveva sì una scopa in mano, che non avrebbe usato contro i ragazzi, mentre lei reggeva una torcia, che sarebbe stata scambiata per un tirapugni elettrico. “Il mio ragazzo – spiega ancora – è l’unico che è stato coinvolto, ma più che altro ha cercato di calmare le acque”.

Anche l’uomo è stato medicato in ospedale e secondo la figlia avrebbe avuto una prognosi superiore a 20 giorni, il che farebbe scattare l’indagine d’ufficio. Ma secondo fonti ospedaliere la prognosi sarebbe di 15 giorni, dunque si potrebbe procedere solo dopo una regolare querela.

“C’è da precisare – continua la giovane – che gli studenti erano ubriachi e i carabinieri lo hanno potuto constatare. La violenza non è mai la risposta giusta – ammette – ma non esiste più alcuna forma di educazione". 

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