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"Dai trabocchi ai ristotrabocchi: una metamorfosi pericolosa per la costa", la denuncia delle associazioni

Contestano il fatto che le antiche macchine da pesca siano ormai considerate soltanto come ristoranti

Lanciano l'allarme sulla deriva "pericolosa" per la costa della trasformazione dei trabocchi in ristoranti le associazioni Italia Nostra del Vastese, Arci Vasto, associazione civica Porta Nuova, Forum Civico Ecologista, gruppo Fratino Vasto, Wwf Zona Frentana e Costa Teatina.

Le associazioni, in particolare, se la prendono con il "discutibile operato della Provincia, con la bozza di regolamento della Via verde, e della Regione, con le conseguenze della legge regionale del 10 giugno 2019, n. 7".

La Regione, infatti, ha sancito per legge che i trabocchi sono edifici. "Ma un edificio - dicono le associazioni - deve essere dichiarato agibile per essere utilizzato e l’agibilità si ottiene con un certificato di collaudo. Nessun tecnico potrà mai firmare in scienza e coscienza il certificato di collaudo per un trabocco, perché si tratta di una struttura costruita in maniera empirica e con materiali diversificati (ferro e legno), su basi instabili, tra l’altro sottoposti dall’acqua marina ad un processo di accelerazione del degrado, e soggetta alle sollecitazioni talora spaventose dei marosi. In teoria, quindi, i trabocchi sono 'edifici' che non potrebbero essere utilizzati, visto che non possono essere 'agibili', in quanto non collaudabili".

"Il fine della legislazione sugli edifici - incalzano - è quello di 'tutelare la pubblica incolumità' e dobbiamo riflettere su questo concetto, perché oggi siamo sempre più portati a considera l’iter progettuale e costruttivo come un insieme di pratiche amministrative da produrre. Non è così e ce lo ricordano in ogni momento le tragedie che hanno sempre come causa la volontà di 'profitto a tutti i costi' che sfida le leggi della natura, cioè della fisica".

Per le associazioni, "la legislazione regionale ha nel tempo svilito i trabocchi, definendoli beni culturali e paesaggistici nel 1994, mentre oggi negli atti ne parla e ne scrive come se di fatto fossero dei ristoranti, dotati di sala ampia fino a 160 metri quadri calpestabili, di servizi (cucina, bagni e rispostigli) fino a 50 metri quadri e capienza massima di 60 persone, personale ed ospiti compresi. Chiamiamoli allora 'ristotrabocchi', per non confonderli con quelli che ancora sono i veri trabocchi. Ad ogni modo, anche se per i ristotrabocchi fosse riconosciuta una superficie ampia anche un quinto di quanto stabilito dalla legge regionale n. 7 del 2019, siamo ben al di là dei massimi dimensionali dei trabocchi tradizionali, quelli che hanno dato vita al marchio “Costa dei Trabocchi”.

Contestano dunque che la costa si chiami "dei Trabocchi quando, in un futuro molto vicino a noi - lamentano - la maggior parte dei trabocchi sarà sostituita dai ristotrabocchi, che non sono, ripetiamo, trabocchi. È evidente che la messa in atto di questa metamorfosi, legittimata da una legislazione regionale che ha voluto favorire uno sparuto gruppetto di operatori della ristorazione, a svantaggio anche degli operatori della terraferma, ci lascerà un marchio svilito e, cosa ancor più grave, un paesaggio del tutto degradato, incapace di rappresentare in modo genuino e verace il suo territorio di riferimento e di attirare l’attenzione dei viaggiatori. Insomma, una costa sempre più povera e degradata".

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