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La poesia del lupo compie 60 anni, a Pretoro torna "il Miracolo di San Domenico e il lupo"

La prima rappresentazione nell'attuale versione, con il commento in versi dialettali del poeta Raffaele Fraticelli, fu nel maggio del 1963

A Pretoro torna la sacra rappresentazione del Miracolo di San Domenico e il lupo. Levento è in programma domenica prossima, a 60 anni dalla prima rappresentazione nell'attuale versione con il commento in versi dialettali del poeta Raffaele Fraticelli, cittadino onorario di Pretoro: era il mese di maggio del 1963.

Il miracolo di San Domenico e il lupo

Tra le antiche storie sacre abruzzesi che si son conservate passando di padre in figlio sul filo della tradizionale devozione dei nostri paesi, una delle più significative è quella che si ricorda a Pretoro ogni prima domenica di maggio: il bambino viene rapito da un lupo mentre i genitori sono nel bosco a far legna quindi, l’intervento di San Domenico che, mosso dalle accorate preghiere dei genitori, ammansisce il lupo facendo sì che lui stesso riporti a casa il piccino.

"La vicenda  si prestava assai bene ad una trasposizione drammatica - ricorda il poeta e scrittore Giuseppe Rosato -  e Raffaele Fraticelli, con felice intuizione poetica, ha fissato i momenti salienti del racconto in una vera e propria Sacra Rappresentazione, messa in scena per la prima volta nel maggio del 1963. Ogni miracolo, si sa, è conseguente ad un profondo atto di fede; bene ha fatto dunque il Fraticelli a fondare l’intera azione sulla religiosità ingenua e istintiva della gente di paese. I protagonisti, così, levano alla Divina Provvidenza un pensiero riconoscente, prima di toccare il pasto frugale; si segnano all’atto di incominciare il lavoro quotidiano; e quando infine invocano da San Domenico il miracolo della restituzione del loro bambino, lo fanno con fervida umiltà e totale fiducia. Il miracolo allora può compiersi: un suono di campane ne diffonde la notizia per valli e vette, fino al Monte Amaro”.

Ma ciò che acquista maggior valore nelle sobrie pagine del racconto è la spontaneità e la genuinità del linguaggio. “Una storia abruzzese – prosegue Rosato - antichissima per di più, non poteva che essere interpretata con il linguaggio nativo del popolo; e il dialetto, ricondotto qui alla sua più elementare struttura sintattica, e centrato inoltre sulle espressioni più vicine alla semplicità del mondo contadino, consegue una trasformazione quasi magica delle scene: queste, così, sembrano davvero ricondurci all’aura mistica e popolare delle Laudi umbre del Trecento”

L’appuntamento è per domenica 7 maggio alle ore 12, nell’anfiteatro della Majella dove gli interpreti – tutti maschi, come da tradizione – daranno vita alla Sacra Rappresentazione. In scena Silvino Filoso, Vincenzo Di Felice, Luca Pellegrini e Daniel D’Orazio.
 

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