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"Il Comune dedichi una via al teatino Otello Di Peppe D'Alcide, martire delle Fosse Ardeatine", l'appello di Acerbo (Prc)

Militante clandestino del Pci, raccoglieva viveri per le bande partigiane, nascondeva compagni ricercati e documenti, ma nel 1944 fu arrestato su delazione

Si chiamava Otello Di Peppe D'Alcide, era nato a Chieti, in largo Carbonari, nel 1890 e morì a 53 anni il 24 marzo 1944, nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, a Roma, dove 355 persone furono uccise dalle truppe di occupazione tedesche come rappresaglia per l'attentato partigiano di via Rasella. 

Oggi, il giorno dopo il 79esimo anniversario della strage, Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, torna a chiedere che il Comune di Chieti dedichi una via o uno slargo al proprio concittadino diventato martire perché antifascista. 

"Torno a ricordare, come negli anni scorsi - dice Acerbo - un eroe abruzzese martire nell'eccidio delle Fosse Ardeatine a Roma e torno a chiedere che il Comune di Chieti, sua città natale, gli dedichi una via o uno slargo. Si chiamava Otello Di Peppe D’Alcide, uno di quegli italiani trucidati perché ebrei, comunisti, antifascisti il 24 marzo del 1944, crivellati dalle mitragliatrici degli aguzzini delle SS di Herbert Kappler e di Erich Priebke. La sua storia è rievocata nel libro di Giovanni Mogavero 'Un ebanista alle Fosse Ardeatine', edito dalla casa editrice del nipote Roberto Massari".

Così lo descrive l’autore: “Un figlio del popolo abruzzese, emigrante, uomo passionale, militante politico, affamato di cultura, magnifico artigiano, disposto a dare la vita per la libertà da ogni forma di oppressione e sfruttamento”.

"Nel libro - ricorda Acerbo - è ricostruita la storia della famiglia a Chieti e l’emigrazione in Dalmazia, dove Otello diventò falegname-ebanista per poi trasferirsi a Roma. Militante clandestino del Pci, Otello fu individuato su delazione e arrestato dalle SS il 1° febbraio 1944, dopo la perquisizione della sua falegnameria. Le SS lo trovarono sorridente al lavoro di artigiano-artista, capace di realizzare autentici capolavori. Purtroppo rinvennero una copia dell’Unità clandestina e un manifestino. Fu torturato nella famigerata via Tasso e poi trasferito a Regina Coeli. Alla figlia che lo visitò in carcere sussurrò all’orecchio di dire ai compagni che non aveva tradito. Il tribunale lo aveva condannato a 3 anni e mezzo di detenzione, ma finì nelle liste di Kappler e Priebke che ancora oggi vengono onorati dai neonazisti. Quelle liste furono compilate dal questore fascista Pietro Caruso, nominato da Mussolini e dalla Repubblica di Salò. Otello raccoglieva viveri per le bande partigiane, nascondeva compagni ricercati e documenti. La memoria del suo eroismo tra chi aveva condiviso la lotta e nel popolo romano era molto viva e infatti nel 1946 gli fu dedicata una lapide nella storica sezione del Pci del quartiere Trionfale a Roma".

"Sarebbe cosa buona e giusta se l’amministrazione comunale di Chieti (e/o di altri Comuni) - invita il segretario di Rifondazione - rendesse omaggio a questo eroico cittadino intitolandogli una via o un luogo della città natale. Esponenti autorevoli della giunta, come Enrico Raimondi, mi avevano detto che avrebbero provveduto due anni fa. Torno a chiederlo sicuro della sensibilità antifascista della giunta e della maggioranza del consiglio comunale".

Sulla lapide a lui dedicata nel 1946 a Roma si legge:

"Di Peppe Otello operaio, cospiratore, patriota
combattente
per l’emancipazione del lavoro
per la libertà del popolo
per l’indipendenza d’Italia.
Sotto il giogo fascista durante l’oppressione straniera
nelle Fosse Ardeatine
davanti al piombo nemico
morì come visse
lottando per il suo ideale".

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