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Polemica sulla Minerva a Bruno Vespa: "Fu contrario alla nascita della d'Annunzio"

Mario Pasotti, già responsabile ufficio stampa e pubbliche relazioni dell'ateneo, ricorda come il conduttore Rai, negli anni Sessanta, da giovane cronista, rivendicò la necessità di una sola università abruzzese, all'Aquila

Ha sollevato qualche polemica la scelta dell’ateneo d’Annunzio di assegnare l’Ordine della Minerva, il massimo riconoscimento dell’università di Chieti, al giornalista Rai Bruno Vespa e al compositore Mogol, al secolo Giulio Rapetti. La consegna è prevista il 12 dicembre, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico.

Ma, secondo Mario Pasotti, già responsabile ufficio stampa e pubbliche relazioni della d’Annunzio, la scelta di questi due personaggi sarebbe

poco rispettosa dello spirito statutario che ha ispirato la leadership dell’epoca (anno accademico 1986/87), laddove letteralmente si determina che l’onorificenza debba essere conferita “allo scopo di attribuire riconoscimento accademico a studiosi e personalità del mondo della cultura, dell’economia e delle scienze, che si siano particolarmente distinti, con la propria opera, nelle specifiche attività culturali e scientifiche o che abbiano contribuito ad accrescere il prestigio e lo sviluppo dell’Ateneo.

Secondo l’ex dipendente dell’ateneo d’Annunzio, in particolare, sarebbe proprio la scelta di Vespa ad essere poco rispettosa della

“memoria storica”, ancora viva invece in coloro che le vicende dalla fondazione al riconoscimento giuridico fino alla statizzazione delle università abruzzesi (quindi anche dell’Aquila) le ha vissute e patite.

In quegli anni, infatti, non si sono risparmiate veementi polemiche tra schieramenti politici, e stoccate giornalistiche tra aquilani e “adriatici”, gli uni e gli altri ciascuno a rivendicare il diritto di essere sedi universitarie, unica a L’Aquila per tutto l’Abruzzo (rivendicazione poi attenuata nel corso degli eventi) triplice – in realtà due: Chieti-Pescara e Teramo - al resto dell’Abruzzo. Per tutti, il comune denominatore era di credere e volere il riscatto culturale e sociale delle giovani generazioni, fino agli anni sessanta costrette a varcare i confini regionali per aspirare a una laurea.

L’attacco di fioretto in punta di penna non vide estraneo il giovane giornalista Bruno Vespa incline, se non altro per appartenenza territoriale, a difendere le idee e le posizioni dei promotori aquilani (in particolare dell’onorevole Vincenzo Rivera, fondatore e rettore dell’università dell’Aquila, e di quanti altri raccolsero il “testimone” dopo la sua dipartita, nel febbraio del 1967).

Né pare che nel futuro egli abbia speso energie intellettuali tali da accrescere il prestigio dell’Uda, pur senza nulla togliere ai suoi successi giornalistici e alla specificità culturale della sua attività editoriale.

Si può, dunque, verificare facilmente un prestigio professionale del personaggio, a scapito però di un decisamente meno brillante cursus dis-honorum della comunicazione e informazione operata e diffusa a suo tempo da Bruno Vespa, sostenitore della parte contraria alla nascita e allo sviluppo del nostro ateneo.

Torna utile, in conclusione, la definizione di Mario Perniola, secondo cui l’informazione senza memoria storica è solo intrattenimento ed evasione spettacolistica: un rischio che i proponenti del maggiore riconoscimento accademico dell’Uda dovrebbero senz’altro evitare.

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