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Parla la maestra assolta dopo 9 anni di processo: "Avevo pensato di farla finita. Giustizia? Non ci credo più"

Un pezzo della vita di un'insegnante di Cupello, segnata da una giustizia talmente lenta che alla fine, anche l’assoluzione, è diventata una pena, scontata con anni di sofferenze e rabbia

Dopo la sentenza che l'ha liberata dalle accuse, a Today.it una maestra ha raccontato la sua vita sulla graticola con l'accusa, nel 2012, di aver maltrattato un suo alunno.

Da un giorno all’altro le era piombata addosso l’accusa di aver minacciato e maltrattato un alunno disabile di cui si prendeva cura, in qualità di insegnante di sostegno. Indagine, rinvio a giudizio e poi due processi che hanno stravolto la vita a lei, Marta (nome di fantasia), insegnante in una scuola primaria di Cupello, in provincia di Chieti.

Un calvario durato nove anni e conclusosi lo scorso 13 ottobre, quando la Corte d’Appello de L’Aquila ha assolto la maestra con formula piena dall’accusa di minacce e ha derubricato il reato di maltrattamenti in quello di abuso dei mezzi di correzione, nel frattempo finito in prescrizione. Intanto però è trascorsa quasi una decade, nella quale l’imputata è sempre stata affiancata dal suo avvocato difensore Michela Scafetta. Un pezzo della vita di Marta, segnata da una giustizia talmente lenta che alla fine, anche l’assoluzione, è diventata una pena, scontata con anni di sofferenze e rabbia. 

“Quando è arrivata la condanna in primo grado, è stato uno dei momenti più brutti della mia vita. - ha detto la maestra a Today.it - Ho pensato di tutto, anche di farla finita. Mi è crollato il mondo addosso, quello della scuola, in cui credevo e continuo a credere. La mia forza sono state le manifestazioni di solidarietà in tutto il paese, anche da parte di chi non mi aspettavo proprio. Io sono stata condannata dal tribunale in primo grado, ma non sono mai stata condannata dalla comunità di Cupello e questo mi ha dato la forza di andare avanti”. 

Nel paese di appena 1.500 anime nella provincia di Chieti, tutti sapevano delle gravi accuse mosse alla sua insegnante, che ha ricevuto anche l’appoggio della scuola, che non ha mai preso provvedimenti nei suoi confronti. “In questi anni non ho saltato un giorno di scuola e non c’è stato un genitore che si fosse posto il problema di mettere il proprio figlio nella mia classe. Tutti sapevano che cosa era successo e nessuno ha mai pensato di allontanare il proprio figlio da me”.  

Il sostegno di una comunità è importante, ma poi c’è stato da fare i conti con un processo lumaca che ha logorato i nervi di Marta, sempre con gli incubi che le cose potessero andare male. “Io lo so che ci sono maestre e insegnanti che hanno fatto quello di cui mi accusavano, ma io quel resto non l’ho commesso e mi batterò fino alla fine dei giorni miei perché venga fuori tutta la verità. Io quelle accuse non me le meritavo e se ho avuto la forza in nove anni e mezzo è anche perché sono sempre potuta andare a scuola a testa alta”. 

Ma è stata dura. “Ti crolla il mondo addosso, ti senti perso perché tu comunque hai la coscienza pulita. Nella giustizia non ci credo più. Credo nella scuola, nei ragazzi, anche se ai miei ragazzi insegno la giustizia. Per me la scuola è tutto. I miei bambini sono il motivo per cui mi alzo la mattina”. 

E oggi la vita è anche cambiata. “Non è più quella di prima. Ho vissuto nove anni in cui non sono stata bene, mi ha colpito anche nel fisico, non sono più serena come prima. La mia vita è cambiata perché il pensiero andava sempre là. Perché mi chiedevo 30mila volte al giorno perché fosse capitato proprio. E’ una vita meno tranquilla, più nervosa. Questa esperienza ha avuto anche delle ripercussioni sulla mia famiglia. Ce ne è voluta tanta di pazienza per sopportarmi. Ci sono stati momenti molto e quelli che mi stavano più vicino, erano anche quelli che la scontavano più di tutti. Ora provo a voltare pagina e a buttarmi questo periodo alle spalle”. 

Le maestre di Cupello: le fasi di un processo durato 9 anni

I fatti contestati risalgono agli anni 2012 e 2013, quando uno degli alunni, all'epoca in terza elementare, disse alla mamma che voleva morire: il bambino, dislessico, secondo quanto ricostruito dal tribunale, venne deriso dalla maestra, che era in servizio in una scuola primaria di Cupello. A questa si aggiunse un'ulteriore segnalazione e, a seguito delle intercettazioni ambientali, nell’aprile 2013 il giudice dell'udienza preliminare di Vasto rinviò a giudizio le due maestre. A dicembre del 2013 il giudice del lavoro annullò il provvedimento disciplinare per una delle due. Con l'accusa di maltrattamenti e minacce, il 22 gennaio 2018 il giudice del tribunale monocratico, Rosanna Buri, condannò le maestre rispettivamente a 2 anni e a un anno e 9 mesi. 

Pochi giorni fa, dopo 9 anni, è arrivata l'assoluzione: la corte d'appello dell'Aquila ha assolto entrambe le maestre dal reato di minaccia "perché il fatto non sussiste, riqualificando i fatti relativi al secondo capo d'imputazione per maltrattamenti e riconoscendo invece l'abuso di mezzi di correzione, meno grave del 572 (maltrattamenti appunto). Per questo secondo capo d'imputazione il tribunale ha dichiarato il non luogo a procedere perché prescritto. 

Dal canto loro gli avvocati di parte civile, sottolineano il riconoscimento dell’abuso dei mezzi di correzione e il pagamento, da parte delle imputate, delle spese legali. Decisone che i giudici chiariranno nelle motivazioni. 

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